8 Maggio 2011
Omaggio alle donne partigiane
Monumento di Villa Spada – 8 maggio 2011
Intervento di Simonetta Saliera
Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna
Carissime amiche e sorelle partigiane fra noi spiritualmente presenti,
sapete certo che abbiamo già celebrato i giorni della Liberazione di Bologna e quelli della Liberazione d’Italia.
Oggi siamo qui, fra voi, per onorarvi
e ringraziarvi con deferenza e umiltà
del grande dono che avete offerto alle generazioni di persone che si sono a voi succedute,
sacrificando con consapevolezza la vostra vita.
Mi rivolgo a Te, Fiorina, combattente della 62esima Brigata Garibaldi, caduta a Casalfiumanese nel settembre del 1944, perché sei la più anziana di tutte le Tue compagne.
Mi rivolgo a Te
per ricordare che
- se oggi vivo nella mia bella Italia, che posso chiamare Patria, e non nel regime fascista italiano,
- se godo di diritti e di doveri improntati alla giustizia e alla libertà previsti nella nostra Costituzione repubblicana e democratica,
- se il nazismo è stato debellato
bè, credimi, lo dobbiamo anche a te,
alle tue compagne qui ricordate,
e a tutti coloro che nel difficile settembre ’43 intrapresero con angoscia, disperazione, volontà, coraggio,
lo stretto, irto, disagevole sentiero della lotta partigiana, della lotta di Liberazione,
schierandosi con le forze alleate contro il mondo del male come ebbe a definirlo Elie Wiesel.
Il mondo dei campi di sterminio, il mondo delle brigate nere, dei rastrellamenti e delle deportazioni.
Il vostro sogno si è avverato, la vostra vita eroicamente sacrificata non è stata vana, ma piena di significato, di senso, di esempio e di grande idealità.
Ha creato il nostro futuro
Siete state fra coloro che hanno generato la nuova Italia, siete fra le madri di una Patria libera e democratica.
Vedi Antonietta, Tu che sei la più giovane di tutte, appartenente alla Settima Brigata Modena e fucilata a 13 anni a Lizzano in Belvedere nell’ottobre 1944,
per noi ricordare non è uno sforzo retorico magari senza senso, e nemmeno uno sfogo per tutto ciò che non va,
ma è un modo per difenderci dalla tentazione dell’oblio.
Perché, sai, in assoluto non siamo nulla.
Siamo soltanto ciò che siamo stati, o meglio
Ciò che ricordiamo di essere stati.
Distruggere la memoria è distruggere la base della propria identità, della propria continuità nel tempo, della propria storia individuale e collettiva.
Bellissima Irma,
combattente della Settima Gap, medaglia d’oro al valor militare
fatta prigioniera, torturata da bestie al servizio del regno della crudeltà.
Fucilata nell’agosto del ’44.
Oltraggiata anche dopo la morte.
Cara madrina del nostro presente,
la memoria per molti di noi, non è una muta e sbiadita fotografia del passato, perché non è passiva, ma costruttiva.
Nel momento stesso in cui rammenta, la memoria infatti ricostruisce, seleziona, sceglie, ricerca
in una parola fa storia
e così facendo si apre la porta alla continuità con il futuro.
Come potremmo mai dimenticare i sentimenti, i valori e l’idealità del tuo cuore?
Come potremmo dimenticare
(nonostante tutte le nefandezze che hai dovuto subire) che dalle tue labbra non è uscito né un nome, né un luogo, né un’azione dei tuoi compagni.
Questo non è solo l’eroismo di chi non vuole tradire, ma è l’incredibile volontà di chi crede fermamente nella possibilità di un futuro di riscatto.
Voi sapete quanto me, che la memoria non può avere un rapporto gracile o elusivo con l’oblio.
Perché? Mi chiedete?
Ma perché ogni dimenticanza, ogni amnesia sul passato è come se fosse una ingiusta e sommaria amnistia.
Il passato è sempre con noi.
È solo un bene saperlo e farlo proprio,
come dicono oggi, metabolizzarlo dentro di noi.
A questo proposito, agli scettici, a coloro che si nascondono o hanno altre feste da fare in occasione delle celebrazioni della Resistenza e della Liberazione, a coloro che addirittura ne mettono in discussione i valori e gli ideali,
consiglio di leggere i versi della poetessa polacca Szymborska, Premio Nobel nel 1996, nata nel 1923 e quindi testimone anch’essa di quel secolo che qualcuno definisce breve, ma che per lei è stato fin troppo lungo.
Dall’occupazione tedesca allo sterminio degli ebrei polacchi, dalla sconfitta del regime nazista all’instaurarsi della dittatura sovietica, dalla ribellione alla lotta di liberazione di Solidarnosc, alla libertà.
Quei versi che oggi con venerazione e riconoscenza leggo per voi:
“Il vento per soffiare via le nuvole
Ha dovuto prima spingerle qui…
Anche l’attimo fuggente ha un ricco passato,
il suo venerdì prima del sabato
il suo maggio prima di giugno
Ha i suoi orizzonti non meno reali
di quelli nel cannocchiale dei capitani”
Con quanta semplicità ci dice che niente avviene per caso, che tutto ha una ragion d’essere, che non può esistere un presente senza radici.
Se non ci foste state voi e le tante altre donne combattenti o di supporto, se non aveste creati i Gruppi di difesa della donna,
se tutte insieme imponeste la vostra forza, presenza, unità, indispensabilità ai Comitati di Liberazione Nazionale,
non si sarebbe ottenuto il riconoscimento del diritto di voto alle donne già nel corso della Guerra di Liberazione.
Le donne non avrebbero potuto votare nelle prime amministrative del dopoguerra, nel Referendum Repubblica/Monarchia, né avrebbero potuto partecipare all’Assemblea Costituente che approvò, alla fine del 1947, quella Costituzione Italiana che
- sancì il diritto di voto universale,
- la democrazia della nostra Repubblica,
- i diritti fondamentali della dignità della persona
- e, con grande lungimiranza, la divisione dei poteri dello Stato fra loro autonomi ed indipendenti come il potere legislativo, il potere esecutivo ed il potere giudiziario.
Tanto autonomi e indipendenti che, in caso di conflitto, si istituì la Corte Costituzionale, anch’essa autonoma ed indipendente, con il compito di decidere, solo ed esclusivamente in base alla Costituzione, su quale dei poteri in causa abbia ragione.
È, la nostra, una Costituzione dal carattere universale in cui tutti sono tutelati ed in cui tutti si possono riconoscere, è una Costituzione che ha costruito l’identità dell’Italia libera, uscita dalla Guerra di Liberazione e dalla lotta partigiana, cementata dalla volontà di democrazia e giustizia.
Ogni cittadino è uguale nei diritti e nei doveri, ma soprattutto è uguale di fronte alla legge senza più medioevali guarentigie per sovrani, feudatari e capi di governo.
La vostra partecipazione alla Resistenza, la creazione dei “Gruppi di difesa della donna”
ha dato l’avvio, almeno per il nostro Paese,
al movimento di emancipazione della donna
e a tutte le conquiste che nel tempo le nostre lotte hanno raggiunto e consolidato.
Questi 66 anni non sono stati tutto rose e fiori.
Pensate, risentiamo gli echi del delirio di onnipotenza,
dell’arroganza del potere,
riviviamo stagioni in cui si semina odio ideologico, fanatismo e il risorgere di quel sentimento, che è lo storico peccato capitale del nostro passato:
il razzismo, l’odio del diverso, l’antisemitismo.
Ci tocca vedere la giustizia trafitta, ogni giorno, dall’ideologia pragmatica per cui il mondo deve appartenere a chi è più ricco, più potente, dove le diseguaglianze aumentano e dove il lavoro non è un valore, non ha più dignità, ma diviene una sempre più misera variabile economica nel mondo della globalità.
Fra molte persone c’è una possente tentazione ad estraniarsi,
a disinteressarsi,
a lasciare che le cose vadano come vogliono,
a separarsi,
a non voler capire
a lasciarsi incantare dalla musica di cattivi pifferai.
Mistificando la realtà si vorrebbe mettere mano al dettato costituzionale per ammodernarlo,
renderlo adeguato ai tempi,
ma in verità per disarticolarne gli aspetti fondamentali della divisione dei poteri,
per scardinare il potere giudiziario, la sua autonomia, la sua indipendenza e le istituzioni costituzionali che ne sono garanti.
Indegni, frutto di miseria morale ed intellettuale sono stati i manifesti esposti a Milano contro la magistratura.
Ecco, quindi, che la memoria non è solo ricordare.
La memoria di ciò che è stato, la memoria dei motivi per cui avete combattuto e sacrificato il bene supremo della vostra vita,
è per noi assunzione di responsabilità
per impedire che ciò che è stato possa ripetersi.
Per impedire che l’oscurità ci precluda il nostro orizzonte.
Per tenere alta ben viva la luce che ci avete consegnato con quel patto per la pacifica e comunitaria convivenza, rappresentato dalla Carta Costituzionale, permeato dall’etica della libertà e dalla giustizia e dai valori improntati al reciproco rispetto e al riconoscimento della dignità di ogni singola persona.
So che si dovrebbero dire ancora molte altre cose,
ma preferisco fermarmi qui,
esprimendovi profonda riconoscenza e ricordando il debito di onore, di fede, di speranza che Vi dobbiamo.
Lo sappiamo care amiche partigiane, ce lo ha spesso ricordato anche la compagna partigiana Diana Sabbi, medaglia d’argento al valor militare
“sappiamo che qualsiasi conquista non è mai per sempre,
che ciò che voi ci avete affidato può andare perduto”.
Per questo voglio concludere con
ORA E SEMPRE RESISTENZA