Interventi

24 Gennaio 2011

"Il rischio autoritarismo"

"Il rischio autoritarismo"
 

Conferenza Anci in Cappella Farnese

a Palazzo d’Accursio su federalismo municipale



24 gennaio 2011

Intervento di Simonetta Saliera

Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna

 

 

Buongiorno a tutti voi,

 

nessuno di noi amministratori ha mai negato la profonda crisi economica che sta attanagliando il nostro Paese, né tantomeno l’influenza che su di essa esercita la crisi dell’intero mondo occidentale.

Non la neghiamo, perché viviamo tutti i giorni:

 

-          i drammi della perdita dei posti di lavoro (30.000 in meno in un solo anno in Emilia-Romagna);

-          l’aumento della cassa integrazione (96.000 lavoratori in Emilia-Romagna);

-          l’aumento delle persone iscritte nelle liste di mobilità (21.000 persone);

-          le persone, i giovani in particolare, in cerca di prima o nuova occupazione (120.000);

 

dati che si riferiscono per l’Emilia-Romagna al 30 giugno 2010 e nel frattempo aggravati. Siamo consapevoli che servono misure anche dure e difficili per cercare di rimettere in sesto i disastrati conti pubblici causati da una dissennata politica centrale. Sappiamo che al 120% del rapporto debito/Pil, l’amministrazione centrale contribuisce con il 93% contro il 7% delle amministrazioni locali e nello stesso tempo il sistema delle autonomie locali pesa sul 5,8%  del rapporto deficit/Pil solo per lo 0,2%. Nonostante questo, però, si continua con provvedimenti che si fondano sulle sabbie mobili perché non intervengono sugli elementi strutturali della formazione del debito e agiscono solo sulla contingenza, colpendo iniquamente gli enti locali periferici.
Per questi motivi, nemmeno con i draconiani tagli dell’ultima manovra finanziaria si riesce a perseguire l’obiettivo del contenimento. Di fronte all’immiserirsi del Paese, quasi cinicamente, si tolgono risorse a Regioni, Province e Comuni di fatto impedendo loro di dare qualche risposta all’aumento delle difficoltà economiche di molte famiglie e di molte persone, non più in grado di far fronte agli elementari bisogni di vita sociale. Considerando anche la proiezione della manovra per il 2012, si mettono in discussione aiuti alle persone e ai servizi sociali consolidati da decenni che hanno rappresentato quel minimo di certezza e di sicurezza in grado di far sopportare i momenti d difficoltà e di costruire una società solidale con meno disuguaglianza, con maggiore identificazione nella vita comunitaria, rispettosa della persona e della sua dignità, capace di dare prospettive al futuro. Si può sfuggire a questo destino di decadimento e di decadenza? Sì, se si affrontasse il problema della finanza pubblica insieme ed una politica industriale di sostegno alla domanda interna (oggi inesistente) che metta al proprio centro la produttiva del sistema paese, i lavoro e l’occupazione, la ricerca e l’innovazione. Il Bilancio 2011 della Regione, come voi tutti sapete, ha cercato di dare risposta a questa necessità.
Abbiamo rifiutato la logica dei tagli lineari. Insieme alle Autonomie locali e alle Organizzazioni sociali, con un lavoro corale, di fronte al taglio dei di trasferimenti pari a 346 milioni di euro di quest’anno che diventeranno 390 milioni di euro nel 2012, abbiamo operato scelte ragionate e selettive. Non abbiamo intaccato le risorse per le politiche sociali, sopperendo anche ai minori trasferimenti del governo (ad esempio per la non autosufficienza) e riproponendo misure straordinarie per la crisi (fondo di 21 milioni di euro e gli ammortizzatori sociali). Abbiamo mantenuto nel limite del possibile i fondi per lo sviluppo economico, l’occupazione, la ricerca, l’innovazione, la formazione, le reti di impresa, il trasporto pubblico e gli investimenti previsti nelle intese per l’attuazione degli interventi come da DUP-Documento unico di programmazione. Abbiamo tagliato tutto il resto, costi degli organi politici compresi.
Sappiamo che l’Italia presenta molte diversità, nel bene e nel male, e che ha bisogno di una radicale riforma di decentramento della responsabilità e dell’autonomia, affinché sa meno diseguale, meno scialacquatrice e più uniforme verso l’atro nel livello delle prestazioni in particolare del welfare e della sanità. Per fare questo si dovrebbero concretizzare i principi fondamentali contenuti nella legge delega 42/2009 sul federalismo. I decreti attuativi fin qui proposti da parte del governo non vanno in questa direzione, soprattutto per quanto riguarda il federalismo fiscale. Si ha l’impressione che il governo non voglia affrontare la riforma di cui il Paese avrebbe bisogno, ma voglia solo alimentare quel refolo di vento che serve per far garrire la bandiera degli interessi di parte di una formazione politica. Tutti i tagli agli Enti locali ci sono e rimangono.
Sono quelli che riguardano le funzioni trasferite e che avrebbero dovuto essere fiscalizzati a favore delle autonomie. Manovrando queste risorse si parte già con un gravissimo handicap. Non è pensabile introdurre normative federaliste di rilevante impatto, senza una definizione certa delle entrate e delle leve sulle quali agire per garantire sia gli equilibri di bilancio, sia, soprattutto, l’integrale finanziamento del livello essenziale delle prestazioni erogate dal sistema delle autonomie concernenti i diritti civili e sociali. Manca un quadro di riferimenti indispensabile, per poter ragionare seriamente di federalismo fiscale quale i fabbisogni e i costi standard delle funzioni fondamentali (rinviato a future decisioni del governo). Manca il collegamento con il livello essenziale delle prestazioni, resta irrisolto il collegamento fra determinazione dei fabbisogni standard, la disciplina fiscale e decisioni annuali in materia di bilancio dello Stato. Cosa succederà ai fabbisogni standard una volta determinati, se il governo deciderà nella legge di stabilità annuale ulteriori tagli alla spesa? Dove comincia e finisce l’autonoma capacità impositiva del sistema delle Autonomie locali?
Potrei continuare su questo tono per molti minuti ancora, ma voglio concludere rapidamente. Si rischia di perdere una grande occasione di riforma federale del Paese.  In sintesi senza un quadro strategico, una visione complessiva della quantificazione sugli obiettivi che si vogliono raggiungere e sulle risorse necessarie, non si attuano i principi fondamentali di autonomia, responsabilità e territorialità previsti dalla legge 42, ma si continua ad esasperare sempre di più l’attuale linea di centralizzazione delle decisioni e di gestione delle risorse con forti rischi di autoritarismo.

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