Interventi

19 Aprile 2019

Liberazione e storia

Commemorazione dell’Anniversario della Liberazione alle Officine Grandi Riparazioni di Bologna - 19 aprile 2019 Intervento di Simonetta Saliera Presidente Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna Buongiorno, è con orgoglio che oggi ricordo insieme a tutti voi il 74° anniversario della Liberazione qui al Deposito locomotive del Lazzaretto, in questo luogo di lavoro, di lotte e di resistenza. Ho letto, con attenzione e partecipazione emotiva, la relazione del Comitato di Liberazione Nazionale di quelle che allora erano le “Officine del materiale mobile delle Ferrovie dello Stato” di Bologna.

Ho letto che nel gennaio del 1945, un operaio, Giordano Ferri, si impegnò per “scegliere fra la massa delle maestranze alcuni uomini coraggiosi e valorosi”, per realizzare il Comitato d’officina. Sono anche loro fra quelli che hanno fatto la Resistenza; sono anche loro quelli che hanno guidato una vera e propria “ribellione delle coscienze” contro chi aveva calpestato la libertà e la dignità dell’uomo. Uomini e donne, giovani, giovanissimi e anziani, di tutte le estrazioni sociali: nel Comitato di quell’officina c’erano operai, ma c’erano anche un impiegato, un tecnico, un ingegnere. Per questo possiamo dire, senza correre il rischio di essere accusati di retorica, che la Resistenza è stata davvero una grande lotta di popolo. Per questo diciamo ai lavoratori delle Ferrovie che per primi si esposero – e lo cito letteralmente dalla relazione del Comitato di Fabbrica – “in un momento di terribili rappresaglie per il bene dei loro compagni, solo fidando della bontà della causa e della buona sorte” va la “riconoscenza di tutti noi, che crediamo nella validità degli ideali”. Oggi siamo qui per dire con forza che il 25 aprile non è una delle tante pagine nei libri di storia, non è una data tra le tante date, ma è patrimonio vivo di tutti noi italiani. Un patrimonio civile, una eredità morale, che ci sono state trasmesse da chi ha lottato a testa alta, da chi ha dato la vita perché questo fosse un Paese libero, democratico e solidale. Sono questi i valori alla base della nostra Costituzione che all’articolo 1 pone il lavoro a fondamento di tutto, enunciandolo esplicitamente tra i propri principi fondamentali, come una garanzia universale di dignità. Ma non basta, perché il lavoro deve essere sicuro, perché non si può morire di lavoro come alle OGR. Perché quelle morti ipocritamente definite “bianche” non devono esserci più. E, invece, in quest’anniversario della Liberazione, non posso non ricordare tutti i vostri compagni di lavoro che da allora sono morti fino ai giorni nostri. Sono le vittime di una lista tragicamente lunghissima di circa 300 persone, tutti uccisi dall’amianto. È giusto, è importante, aver chiesto per loro giustizia. Ma nessun processo, nessun risarcimento potrà lenire lo strazio, né restituire alle famiglie i propri cari, morti per aver lavorato onestamente per anni. A tale proposito voglio ricordare che il 13 maggio prossimo, alle ore 10, inaugureremo insieme il “Presidio di Memoria”, lo spazio museale espositivo che abbiamo allestito nei locali dell’Assemblea legislativa regionale per dare una casa alla vostra storia, ai vostri attrezzi, ai vostri strumenti di lavoro, alle foto che raccontano oltre un secolo di dignità operaia. Nel 2017 l’Istituzione regionale ha raccolto il grido di dolore che veniva dalle vostre lotte e ha incrinato il muro di negazione delle Ferrovie italiane che poi hanno collaborato positivamente realizzando il “Presidio di Memoria”. Vi ringrazio per la fiducia che ci avete dato. Oggi più che mai occorre interrogarsi su cosa rimanga di quel 25 aprile di 74 anni fa. Cosa rimanga dell’impegno di quella generazione che scelse di lottare contro la sopraffazione, contro la negazione della dignità umana, della libertà. Cosa rimanga di tutti quei civili che, senza nemmeno far parte della Resistenza militante, furono vittime innocenti negli eccidi della furia nazifascista come ad esempio il popolo ebraico, i cittadini di Marzabotto, i sette fratelli Cervi e tanti tanti altri. Rimane un patrimonio inestimabile, perché quelle donne e quegli uomini ci hanno lasciato un’eredità immensa: la nostra libertà, la nostra democrazia, la giustizia sociale, l’affermazione dell’uguaglianza universale delle persone di fronte alla legge, il rifiuto della dittatura, del razzismo e delle discriminazioni religiose e di ricchezza. La capacità di costruire un mondo dove le differenze rappresentano un valore, dove la solidarietà è lo strumento per affrontare il futuro. Ricordare oggi il 25 aprile significa prendere coscienza della nostra storia, ma soprattutto non dimenticare una possibile involuzione antidemocratica provocata da un presente pericoloso e smemorato. Negli ultimi anni – complice una terribile crisi economica e finanziaria internazionale e teorie economiche improntate a un rigore privo di etica e moralità – abbiamo assistito ad un progressivo avvelenamento dei rapporti sociali, ad un diffuso attacco al mondo dei diritti della persona e alla dignità del lavoro, all’aumento esagerato della diseguaglianza economica tra i ceti. Quotidianamente si affermano comportamenti che non cercano la qualità della convivenza, ma la oltraggiano fino a mettere in discussione le stesse regole democratiche. Vorrei ricordare a questo proposito due episodi: il primo avvenuto sul campo sportivo di Marzabotto quando un calciatore dilettante per l’esultanza di un gol, si rivolse al pubblico con il saluto romano e mostrando una maglietta della Repubblica mussoliniana. Ciò che fa male fu la reazione di chi ritenne di non procedere e della Federazione Calcio che non prese alcun provvedimento ignorando il gesto nell’indifferenza che diventa ignobile colpa. Così come nel recente raduno neofascista di Forza Nuova a Latina il leader Roberto Fiore, senza essere smentito dagli interessati, ha sostenuto come riportato dal giornale “La Repubblica”: “Salvini ha spostato l’Italia verso le nostre idee”. Aggiungendo “Quello che dicono la Lega e in parte i 5 Stelle è il nostro programma”. Ricordiamocelo! Sappiamo bene, infatti, che la democrazia ha difficoltà a sopravvivere in una società in cui si disprezza: - la politica, la partecipazione democratica dei cittadini, la loro uguaglianza, le loro differenze religiose ed etniche - e in cui non si avverte più come necessaria nessuna convergenza comunitaria. Affermare di essere indifferenti alla lotta fra fascisti ed antifascisti è un segno di degrado democratico irresponsabile. Sono tutti atteggiamenti che erodono lentamente le basi del civile vivere comune. NOI NON DIMENTICHIAMO che questo è già avvenuto nella nostra storia. TOCCA A NOI, oggi, riscattare: - il senso alto e l’idealità della politica; - l’etica democratica della nostra Costituzione; - i valori morali a cui ci si deve ispirare nella gestione della cosa pubblica; - il prevalere della cultura sulla forza - la dignità della vita di ogni persona TOCCA A NOI condannare chi mette in discussione l’eroismo di quei giovani resistenti che oggi si vogliono dileggiare anche con atti vandalici NOI NON LO DIMENTICHIAMO E NON LO VOGLIAMO DIMENTICARE Pronunciando un deciso NO al ritorno dell’autoritarismo violento, negazionista e razzista e affermando un altrettanto deciso NO alla crudeltà morale del rifiuto dei valori umani. Evviva i costruttori di un’Italia libera e democratica.

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