Interventi

10 Settembre 2018

Cile, 45 anni dopo

11 settembre 2018 – Saluto di Simonetta Saliera Presidente dell’Assemblea legislativa Regione Emilia-Romagna Buongiorno, vi ringrazio per aver accettato il nostro invito a partecipare a questo convegno che dopo 45 anni dal golpe militare di Augusto Pinochet in Cile vuole essere una nuova e significativa tappa della vicinanza dell’Assemblea legislativa regionale dell’Emilia-Romagna con il popolo cileno.

Nella mattinata dell’11 settembre 1973, l’esercito agli ordini del generale Pinochet, mise fine alla democrazia cilena con un violento e brutale colpo di Stato, bombardando il Palazzo presidenziale, della Moneda, e stroncò la strenua resistenza del legittimo Presidente Salvador Allende con la sua uccisione. L’anno scorso, sempre l’11 settembre, allestimmo una mostra dal titolo “Tempo d’esilio”. Raccontava della solidarietà dell’Emilia-Romagna e dell’Italia al popolo cileno vittima della violenza della dittatura militare. Oggi compiamo un passo in più. Un documentario che racconta le storie di chi fuggì dal Cile e trovò rifugio e una nuova vita in Emilia-Romagna. La mostra, che oggi abbiamo di nuovo esposto e il filmato costituiscono un binomio che racconta la ferocia di una dittatura e di come la nostra comunità sia stata solidale e accogliente. In Cile si ripeté la tragica storia dell’America latina. Ogni qualvolta, infatti, attraverso libere elezioni, le forze democratiche e di sinistra arrivavano al governo, immediatamente gli interessi conservatori e reazionari si coagulavano attorno alle forze militari che mal sopportavano le libertà democratiche e i diritti civili, politici e sociali che esse concretizzavano. Rafforzò la nostra convinzione che la democrazia doveva essere difesa ogni giorno, perché non è un bene conquistato per sempre, ma un valore da difendere in ogni momento della nostra vita. Anche noi vivemmo l’oscuro periodo delle stragi fasciste e dei tentativi di Golpe della P2 e dei servizi segreti deviati. L’Italia, e ne dobbiamo essere orgogliosi, fu tra le poche nazioni che non tacque. La nostra ambasciata e i nostri consolati non chiusero e certamente non per adesione diplomatica al regime militare. L’allora nostro Presidente della Camera, onorevole Sandro Pertini, fu l’unico Presidente di un’Assemblea elettiva europea a rifiutarsi di sottoscrivere un messaggio alla giunta militare in cui si leggevano le parole “con ossequio”. Pertini disse a tutti i suoi colleghi: “No, io non ossequio chi ha ucciso il Presidente Allende”. Fu la posizione di un uomo, di un combattente partigiano che aveva conquistato la democrazia per il nostro Paese e che i dittatori e gli assassini li sapeva riconoscere. La nostra Regione, l’Italia, divennero isola di salvezza di tanti cittadini cileni braccati dal regime militare per le loro idee democratiche. Ce lo racconta il filmato con cui finiremo la giornata odierna. L’Italia seppe accogliere chi fu costretto a fuggire. Lo fece nel ricordo ancora vivo degli esuli italiani che all’estero avevano trovato rifugio negli anni della dittatura fascista. Molti degli esuli cileni, in Italia, trovarono il lavoro, una famiglia, la possibilità di proseguire la propria militanza culturale e politica. La comunità cilena bolognese passò dalle iniziali 15 persone a circa 80, accolta da una città civile e democratica. In tanti, quando in Cile tornò la democrazia, ripresero la via di casa. La mostra, il volume e il docufilm che raccontano queste storie sono stati realizzati grazie alla collaborazione dell’Istituto per la Storia Parri, del Museo della Memoria e dei Diritti umani del Cile, della Fondazione Gramsci, e al lavoro delle storiche Cinzia Venturoli e Rossella Ropa coordinate da Nadia Baiesi. Prezioso è stato l’apporto di Leonardo Barcelò, dirigente dell’allora Gioventù socialista cilena e diretto testimone di quei drammatici giorni. Oggi vogliamo anche ricordare con orgoglio come L’Italia abbia contribuito a ricercare la verità. Il processo Condor tenutosi a Roma lo sta a dimostrare. Si è concluso con otto condanne all'ergastolo, 19 assoluzioni e sei non luogo a procedere per morte degli indiziati. A vario titolo gli imputati erano accusati di aver mandato a morte anche 23 cittadini di origine italiana. Le accuse erano quelle di omicidio plurimo aggravato e sequestro di persona effettuata da agenti della repressione e membri della giunta militare. Tra gli italiani vittime della repressione anche Juan Josè Montiglio, un giovane di origini piemontesi, membro della scorta personale del presidente cileno Salvador Allende, che venne sequestrato e morì torturato nella caserma Tacna. La sua morte è stata attribuita direttamente al generale Pinochet. Con la stessa attenzione ai valori di libertà e di democrazia, oggi, vogliamo anche ricordare le vittime innocenti di un’altra tragedia avvenuta sempre l’11 settembre, ma del 2001: i barbari attentati terroristici che 17 anni fa colpirono le Torri Gemelle a New York. Furono l’inizio inimmaginabile di una guerra di terrore che ancora oggi sta insanguinando il mondo.

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