11 Settembre 2017
Cile, Emilia-Romagna. 40 anni dopo. Per non dimenticare Intervento di Simonetta Saliera Presidente Assemblea legislativa Regione Emilia-Romagna Buongiorno, vi ringrazio per aver accettato il nostro invito a partecipare a questo convegno in memoria del golpe militare che eliminò la democrazia nel Cile del Presidente Allende di cui la mostra esposta qui a fianco, seppur nella sua limitatezza, rende una lucida testimonianza degli avvenimenti accaduti nei terribili 15 anni di dittatura sostenuta dalla Cia degli Stati Uniti.
Si è ripetuto in quell’occasione la tragica storia dell’America latina: quando attraverso libere elezioni, le forze democratiche, di sinistra e di progresso arrivavano al governo. Immediatamente gli interessi conservatori e reazionari si coagulavano attorno alle forze militari che mal sopportavano le libertà democratiche e i diritti civili, politici e sociali che essa comportava. Quanto avvenne in Cile 44 anni fa segnò anche ognuno di noi. Ci interrogammo e manifestammo il nostro dissenso. Ci convincemmo sempre più che la democrazia doveva essere difesa ogni giorno. Essa non era un bene conquistato per sempre, ma un valore da preservare in ogni momento della nostra vita, perché anche noi vivemmo l’oscuro periodo delle stragi fasciste e dei tentativi di Golpe della P2 e dei servizi segreti deviati L’orrore fu forte quando il Generale Augusto Pinochet depose e fece uccidere, bombardando La Moneda, il Presidente legittimamente eletto, il socialista Salvador Allende. L’Italia, e ne dobbiamo essere orgogliosi, fu tra le poche nazioni che non tacque. La nostra ambasciata e i nostri consolati non chiusero e certamente non per adesione diplomatica al regime militare. Divennero, anzi, isole di salvezza di tanti cittadini cileni braccati dal regime militare per le loro idee democratiche. Essi trovarono in quelle sedi solidarietà e aiuto concreto. L’Italia seppe accogliere chi fu costretto a fuggire. Lo fece nel ricordo ancora vivo degli esuli italiani che all’estero avevano trovato rifugio negli anni della dittatura fascista. Molti degli esuli cileni, in Italia, trovarono il lavoro, una famiglia, la possibilità di proseguire la propria militanza culturale e politica. In tanti, quando in Cile tornò la democrazia, ripresero la via di casa. La comunità cilena bolognese passò dalle iniziale 15 persone a circa 80, accolta da una città civile e democratica. La mostra e il volume che la racconta sono stati realizzati grazie alla collaborazione dell’Istituto per la Storia Parri e del Museo della Memoria del Cile, al lavoro delle storiche Cinzia Venturoli e Rossella Ropa coordinate da Nadia Baiesi e al prezioso apporto di Leonardo Barcelò, diretto testimone di quei drammatici giorni. Evitare l’oblio è il sentimento che accompagna ognuno dei pannelli della mostra, che illumina ogni pagina del volume da essi scaturito. In questa logica ampi settori della nostra comunità bolognese e regionale si stanno mobilitando come dimostra l’impegno dell’Assemblea legislativa per l'esposizione odierna e l'evento di Genus Bononiae e di Fondazione Carisbo, realtà culturali preziose nel panorama bolognese, che il 19 ottobre prossimo inaugurerà “Orozco, Rivera e Siquerios. La mostra sospesa”. Si tratta dell’esposizione di una delle selezioni delle opere più significative di autori messicani che doveva essere inaugurata il 13 settembre 1973 a Santiago del Cile: due giorni prima il Presidente Allende era stato deposto dal golpe militare di Pinochet e la mostra è rimasta “pendiente” per 42 anni. Solo nel 2015 è stata allestita al pubblico in Cile, in Argentina e in Perù. Oggi all’impegno di Genus Bononiae e di Fondazione Carisbo farà tappa a Bologna, facendo il proprio esordio in Europa, arricchendo il ricordo del golpe cileno e della tragedia che ne conseguì, ma anche la forza di ripresa della democrazia cilena. L’Italia ha contribuito a ricercare la verità. Il processo Condor tenutosi a Roma lo sta a dimostrare. Si è concluso con otto condanne all'ergastolo, 19 assoluzioni e sei non luogo a procedere per morte degli imputati. A vario titolo gli imputati erano accusati di aver mandato a morte anche 23 cittadini di origine italiana che vivevano in Sud America. Le accuse erano quelle di omicidio plurimo aggravato e sequestro di persona effettuata da agenti della repressione e membri della giunta militare. Tra gli italiani vittime della repressione anche Juan Josè Montiglio, un giovane di origini piemontesi, socialista, membro della scorta personale del presidente cileno Salvador Allende, che venne sequestrato e morì torturato nella caserma Tacna insieme ad altri membri della Guardia presidenziale. La loro morte è stata attribuita direttamente al generale Pinochet. Con la stessa attenzione ai valori di libertà e di democrazia, oggi, vogliamo anche ricordare le vittime innocenti di un’altra tragedia avvenuta sempre l’11 settembre, ma del 2001: i barbari attentati terroristici che 16 anni fa colpirono le Torri Gemelle a New York. Furono l’inizio inimmaginabile di una guerra di terrore che ancora oggi sta insanguinando il mondo. E’ incredibile come il presupposto dell’umanità di oggi sia ancora il perpetuarsi della crudeltà assassina che nega il valore più prezioso dell’uomo: cioè la vita.