29 Ottobre 2016
Il ricordo dei martiti dell'Eccidio di Casteldebole
Bologna - 29 ottobre 2016 Messaggio di saluto di Simonetta Saliera Presidente dell'Assemblea legislativa regionale dell'Emilia-Romagna Buongiorno, ringrazio il Presidente del Quartiere Reno-Borgo Panigale e l'Anpi di Bologna per l’invito rivolto all’Assemblea legislativa regionale ad essere con voi a questa commemorazione dei martiri dell’Eccidio di Casteldevbole. Una delle pagine drammatiche della storia di Bologna, della Guerra di Liberazione e di tutta la Seconda Guerra Mondiale. Questa è la storia di ragazzi innocenti che furono assassinati dal tedesco invasore e dalle Brigate Nere. Giovani la cui unica colpa era rifiutare la violenza nazifascista, l'asservimento del Paese a una potenza straniera che lo aveva occupato, il difendere la dignità italiana e il rifiutare fascismo e nazismo, con il loro carico di razzismo, antisemitismo, guerra e violenza.
Questa è una delle tante drammatiche pagine della riscossa italiana, popolare e democratica, per liberare il nostro Paese e riconquistare la dignità persa con 20 anni di fascismo e complicità del Re e di ampi parti delle elites economiche, culturali e professionali dello Stato con un regime che teorizzava e praticava l'indottrinamento e la violenza come mezzo di costruzione di consenso per un regime i cui benefici andavano solo a vantaggio del Duce del fascismo, della sua elites e della sue favorite. Vogliamo ricordare questo contesto perché ancora più grande, così, sarà il valore del sacrificio di quegli innocenti nel cui ricordo oggi siamo qui tutti riuniti. I mesi di dura Resistenza, di rastrellamenti, di paura e di sangue. Poi il sorgere del sole: la voce di Sandro Pertini, il futuro Presidente della Repubblica di cui quest’anno ricordiamo il 120° anniversario della nascita, che, a nome del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, chiama alla rivolta popolare i cittadini delle grandi città del Nord e il perentorio ordine agli invasori e ai loro complici italiani: “arrendersi o perire”. Il 25 aprile è il ritorno alla libertà e alla dignità. La strada per la nascita della nuova Italia, repubblicana e democratica, la Repubblica fondata sul lavoro che, temendo nuove derive autoritarie, ricorda a tutti che “il potere appartiene al popolo”, ma che tale potere viene “esercitato nei limiti previsti dalla Costituzione”. “Mai più tutto il potere a un uomo solo”, sintetizzò il Presidente dell’Assemblea Costituente Umberto Terracini. La storia della nostra riscossa democratica, della riconquista dell’onore nazionale offuscato da 20 anni di dittatura, da guerre e massacri come quelli in Africa, Albania, Grecia, nasce anche da sacrifici come quelli che, 71 anni fa, videro protagonisti gli innocenti di Monte Sole di Marzabotto, di Ronchidos e di Burzanella di Camugnano, di Casteldebole. Uomini per bene. Il loro ricordo è occasione per riscoprire le radici della nostra Italia democratica. L’Italia, infatti, è una democrazia sancita da una Costituzione che non può dimenticare i milioni di morti, il rivolgimento radicale del mondo, il tramonto delle culture europee, le deportazioni, il razzismo, lo sterminio di massa, la necessità e l’aspirazione di nuove forme di solidarietà e la messa al bando della guerra. In questo giorno, quando il pensiero va a chi non c’è più, noi abbiamo l’obbligo di continuare a coltivare i germogli della memoria perché l’orrore che è avvenuto non trovi mai un oblio in cui rimettere radici. Con la scelta della Repubblica e con la Carta Costituzionale ci riscattammo dalla codardia di una dinastia reale, quella sabauda, che prima, proprio cento anni fa, aveva trascinato il Paese “nell’inutile strage” della Prima Guerra Mondiale e che poi aveva consegnato l’Italia al fascismo, con tutte le conseguenze che ben conosciamo. La Resistenza fu il riscatto di tutto questo. Una Repubblica scelta dal voto libero del popolo italiano. E, per la prima volta nella storia, anche dal voto delle donne, di cui quest’anno abbiamo celebrato il 70° anniversario del diritto di voto, una conquista dovuta al loro impegno e al loro sacrificio nella lotta partigiana. Dire perciò che la Costituzione nasce dalla Resistenza non è un espediente retorico, né una frase fatta, ma il semplice riconoscimento della realtà. Così come è il semplice riconoscimento della realtà ricordare come il movimento di Liberazione ebbe un carattere corale e si alleò a quell’unione mondiale di forze che sconfisse definitivamente il nazismo e portò l’Italia a vivere con pieno diritto nell’epoca del dopo Auschwitz, del dopo Dachau, del dopo Fossoli, del dopo Caserme Rosse. Se l’Italia non ha vissuto un dopoguerra lacerante come la Grecia, se non fu smembrata come la Germania, se non subì governi militari di occupazione come il Giappone, se ha potuto scegliersi lo Stato Repubblicano e la sua Carta Costituzionale anziché vedersela imporre come il Giappone e la stessa Germania dei Lander, ci sarà pur stato un motivo, una ragione storica che ha consentito il suo realizzarsi. NOI VOGLIAMO RICORDARE che c’è chi ha combattuto per la libertà e c’è chi ha combattuto per la dittatura c’è chi ha combattuto per la giustizia e c’è chi combattuto per i campi di sterminio. Ricordiamo che dopo l’8 settembre per i militari che rifiutarono l’adesione alla Repubblica di Salò e al fascismo, ci fu la deportazione nei campi di concentramento tedeschi, ci fu la morte immediata in combattimento e per fucilazione come per la Divisione Acqui di Cefalonia, ci fu la fuga ed il reclutamento fra i gruppi partigiani storici che già operavano. Infine, ci fu per altri l’arruolamento nel Corpo Italiano di Liberazione aggregato alle forze mondiali alleate contro il nazifascismo. E’ per questo che quelle scelte, ancora oggi, non possono essere poste sullo stesso piano, pur nell’umana pietà che si deve a ogni caduto. Senza odio, né rancore per QUESTO VOGLIAMO RICORDARE senza creazione di miti, senza demagogia, senza sollecitazioni epidermiche, senza umiliazioni. Ricordare è un modo per reagire alla più pericolosa delle tendenze: quella che rimuove e nasconde la realtà. Quella che sottovaluta il pericolo della dispersione, voluta e progettata, di tanti piccoli semi di senape nei campi non coltivati dalla cultura democratica. Il ricordo non si limita a dare ragione ai valori della lotta partigiana (condotta dalle Brigate garibaldine, Giustizia e Libertà, Mazzini, Matteotti, Fiamme Verdi) alla conquista di libertà, di tolleranza, di civiltà, di scelte di campo che quei valori hanno consentito, ma, anche a riflettere, a metterci in discussione, a capire ciò che in tutti questi travagliati anni si è succeduto, e a comprendere e a percepire il futuro. Per evitare la ripetizione di autentiche paure, per evitare il riprodursi di uno sciagurato passato che la storia ha già giudicato in tutte le sue pieghe. E’ necessario, è indispensabile questo continuo ritorno della memoria, questo continuo viaggio della mente e della ragione fra passato e presente, fra passato remoto e futuro imminente. Il passato è sempre con noi, la sua sorte dipende dalla decisione del presente di rimuoverlo o di assumerlo. NOI NON DIMENTICHIAMO Vogliamo ricordare il debito di onore, di sangue, di civiltà di riconoscenza che dobbiamo alla Lotta di Liberazione. Tocca a noi, oggi, riscattare - la nobiltà e l’idealità della politica - l’etica democratica della nostra Costituzione - i valori morali a cui ci si deve ispirare nella gestione della cosa pubblica - il prevalere della cultura sulla forza - la dignità della vita di ogni persona - il lavoro e i diritti dei lavoratori - le ragioni dei migranti, - la negazione della costruzione di nuovi muri Grazie per l’attenzione.