4 Marzo 2016
Mafia? No grazie 4 marzo 2016 – Convegno Assemblea legislativa regionale e Università di Bologna con il Procuratore nazionale antimafia Roberti Saluto di Simonetta Saliera Presidente Assemblea legislativa regionale
Buongiorno, ringrazio i gentili ospiti e tutti voi per aver accolto il nostro invito a partecipare alla giornata odierna, realizzata all’interno del progetto “Concittadini” promosso dall’Assemblea legislativa regionale e dall’Alma Mater. “Concittadini” è un impegno di cui andiamo molto fieri. E’ un corso di educazione civica regionale che coinvolge le scuole. Si propone l’obiettivo dall’anno scorso condiviso anche dall’Alma Mater, di coinvolgere insegnanti e studenti in una serie di incontri di franca e paritaria discussione su vari argomenti, quali la legalità, la memoria e la cittadinanza attiva. Tra questi soprattutto il fenomeno della criminalità organizzata di natura mafiosa. Riteniamo, infatti, che per le Istituzioni locali sia molto importante contribuire alla formazione ed alla conoscenza di nostri studenti su quel mondo devastato dalle mafie che raramente viene affrontato nelle scuole superiori e nei corsi accademici. L’Emilia-Romagna è una terra che da tempo ha preso atto di non essere immune dal fenomeno delle infiltrazioni mafiose. E inchieste come quella denominata Aemilia, lo stanno a dimostrare. La forza della nostra Regione è quella di aver deciso di non nascondere la polvere sotto il tappeto. Ma di voler affrontare il problema e lavorare per rafforzare le nostre difese istituzionali e civili, per irrobustire gli antivirus che sempre ci devono accompagnare nella lotta alla criminalità ed alla corruzione. Anche per questo abbiamo investito oltre 800.000 euro affinché il processo Aemilia si tenesse nella nostra Regione e non in un’aula bunker di altre Regioni come aveva previsto il governo. Vogliamo che la stampa e i media nel raccontare la cronaca processuale ci rammentino quotidianamente cosa è la mafia. Desidero ricordare che sono passati cinque anni dall’entrata in vigore di due Leggi regionali aventi lo scopo, l’una, di contrastar e l’inserimento della criminalità organizzata nel settore dell’edilizia pubblica e privata, e della logistica utilizzate fra l’altro per la ricostruzione del dopo terremoto, l’altra, di creare la più vasta conoscenza possibile del fenomeno mafioso nelle comunità in cui viviamo. Eppure, nonostante l’impegno della Regione Emilia-Romagna, degli Enti Locali, delle associazioni delle forze dell’ordine, della magistratura, mi sento in grado di dire che non siamo riusciti a creare quei muri invalicabili sempre necessari per sbarrare l’inserimento delle attività criminose sul nostro territorio. Operiamo già dal 1997, nell’ambito del progetto “Città sicure” che si propone di monitorare attraverso specifiche ricerche la criminalità, la microcriminalità ma anche i fenomeni delle varie criminalità organizzate come il quaderno di “Enzo Ciconte” sui raggruppamenti mafiosi in Emilia-Romagna e i dossier a tema di Santo Della Volte e di Libera Informazione. Da alcuni anni si è iniziato a ragionare pubblicamente sul pericolo del crimine organizzato e sulla devastazione che è in grado di determinare nei luoghi in cui riesce ad agire o a porre le proprie basi operative e la propria invisibilità. Le mafie sono come anguille che sanno rinnovarsi e prosperare nelle limacciose paludi e nel contempo attraversare limpidi oceani. Oppure meglio, come ha detto il capo di una ’ndrina che opera in Lombardia, un certo Giuseppe Perbene, detto o’papa, arrestato il 5 marzo 2014: “Dobbiamo essere come il polipo, i nostri tentacoli si devono attaccare dappertutto. Ci sono le condizioni per farlo e a qualche tentacolo resterà agganciato qualcosa”. Quella ’ndrina veniva definita “la Banca d’Italia” perché possedeva esercizi commerciali dove effettuare il riciclaggio del denaro sporco e nel contempo teneva ben stretta la rete dell’usura: e pian piano acquisiva rispettabilità diventando imprenditore delle aziende strozzate e ingigantendo la possibilità di riciclaggio e facendo sparire le aziende non più utili. Anche a Bologna e in Emilia-Romagna sono state individuate organizzazioni specializzate in usura, evasione fiscale, gioco d’azzardo, riciclaggio, cambio oro, spaccio, dopo lunghe e difficili indagini del Dia bolognese diretta dai giudici antimafia. Sono partita da queste considerazioni per dire che diverse sono le prospettive del fenomeno mafioso e organizzato che la legge regionale n° 3 del 2011 ha voluto affrontare. Infatti, con essa, le attività in campo stanno proprio sotto il suo titolo “Misure per l’attuazione coordinata delle politiche regionali a favore della prevenzione del crimine organizzato e mafioso, nonché per la promozione della cultura della legalità e della cittadinanza responsabile”. Con grande soddisfazione per tutti noi, nel 2014 l’Onu ha deciso di inserire la legge regionale 3/2011 e la sua applicazione tra le “buone pratiche” per la lotta alla criminalità organizzata. Rammento che la legge Pio La Torre, ha puntato a colpire le mafie in un aspetto per loro ferale: il patrimonio. E la nostra legge investe anche risorse sul recupero dei beni mafiosi confiscati, per trasformare in luoghi utili alla comunità. Ad oggi la Regione Emilia-Romagna ha contribuito con 890.000 euro recuperando 9 immobili che sono diventati biblioteche, centri sociali, centri didattici e residente per donne che hanno subito violenza e hanno sostenuto l’istituzione del Master sul recupero dei beni confiscati “Pio La Torre”. Per quanto forte e indispensabile possa essere l’attività della Magistratura e della Polizia Giudiziaria, lo Stato ha la necessità che cresca al posto della gramigna da loro estirpata, un campo di grano coltivato. È difficile, ma non impossibile come, ad esempio, ci hanno letteralmente insegnato le cooperative di “Libera Terra”. Dissodano la gramigna dall’abuso criminale, dalla violenza, dal terrore e dal ricatto morale. Mettono a dimora la speranza della crescita della pianta della legalità, del lavoro come liberazione, dello sviluppo, della libertà e della dignità contro la subordinazione mafiosa. Ma tutti noi sappiamo che nel mondo della criminalità organizzata, non sono tollerate oasi di pace e di indignazione. Per questo è importante che si rafforzino e si possano allargare queste oasi attraverso l’estendersi della conoscenza del fenomeno e con essa rafforzare un tessuto sociale sano con il risveglio delle coscienze e del coraggio civile di ribellione e di denuncia. Il giudice Nino Caponnetto, capo del pool di Palermo che aveva fra i suoi collaboratori Falcone e Borsellino, una volta andato in pensione girò instancabilmente le scuole d’Italia a spiegare cos’è la mafia e come la si combatte. Il suo concetto era: la mafia teme più la scuola che la giustizia. La mafia teme le persone libere, perché la loro libertà si trasforma in impegno e in aiuto per chi libero non è. L’istruzione, la libertà individuale, la difesa della democrazia, l’etica dei cittadini nei confronti dello Stato, il rispetto della dignità delle persone e la reciproca solidarietà sono gli ingredienti del concime da spargere in quel campo di grano. In mancanza del quale la gramigna invasiva è capace di tornare a renderlo sterile ed abbandonato alla crescita della malvagità. Sono aspetti importanti, come molto importanti sono gli incontri con le scuole, studenti, insegnanti, le associazioni, organizzazioni di polizia, la magistratura per far conoscere la criminalità organizzata dai cento volti e dalle cento invisibilità. Per questo, in questi anni, come Assemblea legislativa siamo stati impegnati a dare il nostro contributo alla formazione e all’impegno civile. Grazie al progetto “Concittadini” sono stati coinvolti quasi 200.000 tra studenti, docenti, esperti, operatori, ecc… con lo scopo di diffondere la cultura della legalità ed il rifiuto del pensiero mafioso, proprio in quello spirito indicato dalle parole del giudice Antonino Caponnetto. In quest’ottica, dal 2015, abbiamo sottoscritto anche con l’associazione Cortocircuito un’intesa di collaborazione ed insieme ad Elia Minari abbiamo organizzato la giornata di oggi. Grazie per l’attenzione.