22 Ottobre 2015
Il valore del premio Cassin Expò, Milano – 23 ottobre 2015 Conferimento del Premio René Cassin 2015 Intervento di saluto di Simonetta Saliera Presidente dell’Assemblea legislativa regionale Buongiorno e grazie per aver accolto l’invito della Regione Emilia-Romagna ad essere presenti alla consegna del Premio Renè Cassin 2015-2016 alle tre vincitrici della XIII edizione. La nostra Assemblea regionale ha sempre avuto a cuore l’importante, direi fondamentale, tema della libertà e dei diritti delle persone così sovente disumanizzati in gran parte del mondo. Ciò è sempre avvenuto, purtroppo, nel corso della storia.
Oggi, dopo un secolo travagliato e percorso da due Guerre Mondiali, più decine e decine di guerre locali in ogni continente, dopo la caduta del Muro di Berlino, si era sperato di avviare gli anni 2000 su binari di un possibile dialogo ed espansione dei diritti dei popoli. Purtroppo non è così. La storia di un intero secolo non ci ha insegnato niente, ma si è peggiorato la condizione oppressiva della dignità umana in quasi due continenti interi. Oppressione in gran parte generata dai conflitti generati dalle grandi potenze che hanno rimesso in moto numerosi focolai di ribellione armata e creando il tragico esodo universale dove le persone non hanno nessun diritto, vivono in una miseria indecorosa e, per di più, sono sfruttate da avventurieri, ed affaristi senza scrupoli. La nostra volontà, la nostra politica è contro la dittatura di questo presente che tanto ci ricorda la frantumazione e la tragedia del ‘900. Abbiamo preso coscienza della pericolosità incendiaria tanto del nazionalismo, quanto dell’ingiustizia sociale contro cui si alzò alta la voce di Renè Cassin, Nobel per la Pace ed uno dei Padri della Dichiarazione dei diritti dell’uomo. Vorrei ricordare un poco conosciuto libro di un Presidente del Senato Italiano, dal titolo “Il disordine mondiale”. Esso ammoniva le derive secessionistiche che nell’Europa dell’Est e nel Terzo Mondo stavano insanguinando gli ultimi anni del XX secolo; ne temeva la loro viralità. Oggi, ormai su scala planetaria, siamo ricaduti in uno stato di paura internazionale e di insicurezza sociale. E’ in questo contesto che nel 1996 l’allora Consiglio Regionale, sotto la presidenza di Federico Castellucci, decise di avviare la collaborazione prima con Amnesty International e poi con la Kip, per l’istituzione del Premio René Cassin al fine di contribuire ad una delle grandi finalità etico-politiche espresse dallo Statuto dell’Emilia-Romagna: “affermare i valori universali di libertà, eguaglianza, democrazia, rifiuto del totalitarismo, giustizia sociale e solidarietà con gli altri popoli del mondo e con le future generazioni”. Il Premio era uno degli aspetti di un vasto programma culturale, concordato nel 1993 con la Sezione Italiana di Amnesty International, e in particolare con il Centro per l’Educazione ai Diritti Umani, diretto dal Prof. Giuseppe Giliberti, che aveva sede a Bologna. Si produssero, quindi, una Valigetta didattica contenente libri per insegnanti e studenti e varie pubblicazioni. Il Premio, intitolato al “padre” della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, consisteva in una borsa di studio per gli autori delle migliori tesi di laurea discusse nel biennio precedente in ciascuna delle università emiliano-romagnole. Lo scopo del Premio è incentivare, partendo proprio dalla Regione Emilia-Romagna, l’introduzione dell’insegnamento dei diritti umani nelle università italiane. Era inteso, quindi, originariamente come una forma di pressione dal basso – esercitata essenzialmente da laureandi e docenti delle Facoltà di Giurisprudenza e di Scienze Politiche - per colmare una grave lacuna allora presente nel sistema universitario italiano. Allo stesso tempo, si è voluto far crescere localmente una leva di giovani esperti nella salvaguardia dei diritti umani, in grado di contribuire alle politiche di tutela e di educazione ai diritti umani promosse dalla Regione, dagli Enti Locali, dalle Università e dal sistema scolastico. I vincitori del Premio hanno impiegato la borsa di studio per seguire corsi avanzati ed esperienze pratiche presso istituzioni accademiche, enti pubblici e privati che si fossero distinti nella diffusione della cultura dei diritti umani. Dal 2012 si è deciso di concentrare le risorse dell’Assemblea sulle borse di formazione lavoro, ritenendole più utili che alla formazione sul campo, sia per aiutare i giovani ad intraprendere strade occupazionali nel mondo della cooperazione internazionale e più in generale dei diritti umani. In seguito al periodo di formazione di lavoro, tutti i borsisti sono stati inseriti nel mondo di lavoro e tranne un caso, tutti lavorano nel proprio ambito di studio e hanno potuto sfruttare l’esperienza di formazione lavoro professionalizzante, in posizioni qualificanti. In particolare diversi borsisti, a seguito del periodo di formazione lavoro, hanno partecipato al concorso per l’UN Fellowship e considerano il periodo svolto all’estero attraverso la borsa Rene Cassin determinante nella fase di preselezione delle curricula. Per potersi rendere conto della qualità dell’esperienza professionale e culturale messa a disposizione dei borsisti, si può visitare il blog nel quale i borsisti della undicesima edizione del Premio illustrano e commentano brevemente le loro attività più significative: - dal 2010 ad oggi hanno partecipato al Premio 118 ragazzi - dei 18 borsisti (3 per ogni anno dal 2010) 3 verranno premiati oggi, tre stanno ancora svolgendo il tirocinio (nel frattempo però hanno colto l’opportunità di partecipare a diversi concorsi internazionali e si stanno inserendo proficuamente nelle strutture locali in cui operano) mentre gli altri sono inseriti nel mondo del lavoro per la maggior parte nel proprio ambito di studio, in posizioni qualificanti. Si è cercato, nella complessità del presente, di far seguire alle intenzioni i fatti, di essere conseguenti ai buoni propositi. In questo quadro siamo veramente contenti di essere qui oggi, insieme alle studentesse che hanno dedicato parte della loro vita allo studio e si apprestano ad esercitare quanto appreso. Un grande valore se si pensa che viviamo in una società troppe volte superficiale ed in cui, come in un eterno presente, si preferisce archiviare la storia piuttosto che fare i conti con essa. C’è un impellente bisogno di un movimento e di singole persone che ridiano slancio e fiducia nel futuro, che sappiano riaprire spazi di luce in un presente oscuro e disseminato di violenze, guerre e morte nel nome dell’assurdo. Non è questa o quella guerra che provoca preoccupazione e terrore. Infatti, oggi ci sarebbero moltissime possibilità di scelta. Guerra è il modo con cui l’uomo guarda le cose del mondo, del potere e del rapporto tra i popoli. Ogni sguardo che non giunge a questa radice rimane uno sguardo superficiale. Ed ogni sguardo superficiale ispira una volontà di potenza debole che barbaramente ed ingannevolmente implora una considerazione di sé. E’ tutto il contrario di quei concetti, a noi cari, come il tema dei diritti fondamentali della persona nell’insieme multiforme di opportunità, riconoscimenti, possibilità, porte aperte, che insieme qualificano la spina dorsale di un popolo, di una nazione, di una democrazia.