25 Aprile 2015
Medicina – 25 aprile 2015 Intervento di Simonetta Saliera Presidente dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna Cittadini di Medicina Signor sindaco Partigiani e amici dell’Anpi Autorità militari, civili e religiose, ho accolto con piacere l’invito a celebrare il 70° Anniversario della Liberazione nel vostro Comune. Giorno di gioia, ma anche di dolore e di preoccupazione. Quest’anno, infatti, è il primo in cui un nostro amico, un combattente partigiano, non è più con noi. Lino “William” Michelini nel luglio scorso ci ha lasciato per sempre. Ma il suo ricordo, il debito che tutti noi abbiamo contratto con persone come William non verrà mai meno.
La preoccupazione deriva da un nuovo nemico dell’umanità che ci fa rivivere gli orrori dello sterminio del secolo scorso. Non siamo né sordi, né ciechi su quanto avviene nel Mediterraneo, nell’Ucraina e nei tanti Paesi dell’Africa Orientale e sub sahariana. Una guerra barbara e spietata che molti scambiano per terrorismo e quindi come un evento sporadico o di ordine pubblico. Non è così. E’ una vera e propria guerra che infiamma tutti i confini mediorientali dell’Europa. Essa ci appare priva di una politica unitaria per intervenire in una indicibile, disumana, barbarica e spietata vicenda che potrebbe riaprire fronti di bellicosità fino ad oggi e da 70 anni per noi inimmaginabili nel nostro continente. In questo 25 aprile vogliamo particolarmente ricordare la storia di ragazzi il cui sacrificio è stato il prezzo per la libertà delle generazioni future. Ragazzi come quei giovani partigiani originari di Medicina e di Castenaso, militanti nella 7 gap che il 18 aprile 1945, a pochi giorni dalla fine della guerra, erano a Bologna pronti all’insurrezione per liberare il capoluogo e che persero la vita in una tremenda esplosione che rase al suolo la base partigiana di via Scandellara. Giovani come quei partigiani che, dopo le Battaglie di Fiesso e di Vigorso, furono assassinati dai nazifascisti proprio qui a Medicina. Giovani come quei partigiani originari di queste terre che combatterono nell’autunno del 1944 nella Battaglia di Porta Lame a Bologna. Ricordiamo uno dei nomi più illustri di quell’esperienza: Gino Comastri, Rolando, un ragazzo di 23 anni, un “adulto” per i canoni dell’epoca, che era nato qui e che perse la vita combattendo per la libertà di Bologna. A tutti loro, alla loro giovinezza strappata, siamo tutti debitori. Debitori della nostra libertà. In questo giorno, quando il pensiero va a chi non c’è più e a chi invece deve continuare a seminare i germogli della memoria perché l’orrore che è avvenuto non trovi mai un oblio in cui rimettere radici, noi dobbiamo ricordare come la nostra democrazia sia sancita da una Costituzione che non poteva dimenticare i milioni di morti, il rivolgimento radicale del mondo, il tramonto delle grandi culture europee, le deportazioni, il razzismo, lo sterminio di massa, la necessità e l’aspirazione di nuove forme di convivenza e la messa al bando della guerra. Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini aveva sempre ricordato come la Resistenza fosse il momento in cui l’Italia sanò la mutilazione di essere figlia del “Risorgimento senza eroi”. Ci depurammo delle scorie del nazionalismo e del colonialismo tardo ottocentesco, ci riscattammo dalla codardia di una dinastia reale, quella sabauda, che prima, proprio cento anni fa, aveva trascinato il Paese “nell’inutile strage” della Prima Guerra Mondiale e che poi aveva consegnato l’Italia al fascismo, con tutte le conseguenze che ben conosciamo. La Resistenza fu il riscatto di tutto questo. Una Repubblica scelta dal voto libero del popolo italiano. E, per la prima volta nella storia, anche dal voto delle donne. Dire perciò che la Costituzione nasce dalla Resistenza non è un espediente retorico, né una frase fatta, ma il semplice riconoscimento della realtà. Così come è il semplice riconoscimento della realtà ricordare come il movimento di Liberazione ebbe un carattere corale e si alleò a quell’unione mondiale di forze che sconfisse definitivamente il nazismo e portò l’Italia a vivere con pieno diritto nell’epoca del dopo Auschwitz, del dopo Dachau, del dopo Fossoli, del dopo Caserme Rosse. Per non ricadere negli errori del passato è giusto tenere vivo l’esercizio della memoria. Se l’Italia non ha vissuto un dopoguerra lacerante come la Grecia, se non fu smembrata come la Germania, se non subì governi militari di occupazione come il Giappone, se ha potuto scegliersi lo Stato Repubblicano e la sua Carta Costituzionale anziché vedersela imporre come il Giappone e la stessa Germania dei Lander, ci sarà pur stato un motivo, una ragione storica che ha consentito il suo realizzarsi. NOI VOGLIAMO RICORDARE che c’è chi ha combattuto per la libertà e c’è chi ha combattuto per la dittatura c’è chi ha combattuto per la giustizia e c’è chi combattuto per i campi di sterminio. Ricordiamo che dopo l’8 settembre per i militari che rifiutarono l’adesione alla Repubblica di Salò e al fascismo, ci fu la deportazione nei campi di concentramento tedeschi, ci fu la morte immediata in combattimento, per fucilazione come per la Divisione Acqui di Cefalonia, ci fu la fuga ed il reclutamento fra i gruppi partigiani storici che già operavano. Infine, ci fu per altri l’arruolamento nel Corpo Italiano di Liberazione aggregato alle forze mondiali alleate contro il nazifascismo. E’ per questo che quelle scelte, ancora oggi, non possono essere poste sullo stesso piano, pur nell’umana pietà che si deve a ogni caduto. Senza odio, né rancore per QUESTO VOGLIAMO RICORDARE senza creazione di miti, senza demagogia, senza sollecitazioni epidermiche, senza umiliazioni. Ricordare è un modo per reagire alla più pericolosa delle tendenze: quella che rimuove e nasconde la realtà. Quella che sottovaluta il pericolo della dispersione, voluta e progettata, di tanti piccoli semi di senape nei campi non coltivati dalla cultura democratica. Il ricordo non si limita a dare ragione ai valori della lotta partigiana (condotta dalle Brigate garibaldine, Giustizia e Libertà, Mazzini, Matteotti, Fiamme Verdi) alla conquista di libertà, di tolleranza, di civiltà, di scelte di campo che quei valori hanno consentito, ma, anche a riflettere, a metterci in discussione, a capire ciò che in tutti questi travagliati anni si è succeduto, a percepire il futuro. Per evitare la ripetizione di autentiche paure, per evitare il riprodursi di uno sciagurato passato che la storia ha già giudicato in tutte le sue pieghe, è necessario, è indispensabile questo continuo ritorno della memoria, questo continuo viaggio della mente e della ragione fra passato e presente, fra passato remoto e futuro imminente. Il passato è sempre con noi, la sua sorte dipende dalla decisione del presente di rimuoverlo o di assumerlo. La Resistenza è stata il perno morale e ideale di una lotta che ha messo nelle mani degli Italiani il proprio destino. Prima con il referendum Repubblica/monarchia e poi con un’Assemblea costituente che ha prodotto quella Costituzione con il cui viatico abbiamo attraversato la guerra fredda, siamo cresciuti, abbiamo cambiato pelle. In questi 70 anni siamo passati attraverso prove severe! Fino ad oggi, il vaccino antiautoritario, in essa contenuto, ha sempre aiutato le Istituzioni a mantenersi salde e unite nell’impegno di salvaguardare - la democrazia - la libertà e il futuro del Paese - e la speranza, comunque, di riuscire a migliorarsi e mantenere integro e robusto il sentimento di identificazione comunitario dei nostri cittadini. PER QUESTO VOGLIAMO RICORDARE Perché negli ultimi anni stiamo assistendo ad un sempre più forte avvelenamento dei rapporti sociali, ad un diffuso attacco al mondo dei diritti della persona e alla dignità del lavoro, all’aumento esagerato della diseguaglianza economica. Sono anni in cui molti italiani si sentono autorizzati e incoraggiati a far uso di espressioni violente, volgari, offensive dell’altro, non ci si ascolta più, ma ci si urla contro sopraffacendo con il dileggio, gli schiamazzi e le grida, la sostanza della riflessione e dei ragionamenti. Criminalità, corruzione, evasione fiscale: sono tutti elementi che erodono lentamente le basi del civile vivere comune. NOI NON DIMENTICHIAMO che questo è già avvenuto nella nostra storia. PER NON DIMENTICARE Vogliamo ricordare il debito di onore di sangue di civiltà di riconoscenza che dobbiamo alla Lotta di Liberazione e agli eserciti alleati: - per lo Stato Repubblicano che ha contribuito a fondare - per la società libera che ha consegnato alle nostre generazioni - per i principi di giustizia e di equità sociale che ci ha trasmesso - per l’affermazione che in politica non deve mai prevalere l’odio per l’avversario - per l’insegnamento che a ogni generazione spetta la propria fatica Tocca a noi, oggi, riscattare - il senso alto e l’idealità della politica; - l’etica democratica della nostra Costituzione; - i valori morali a cui ci si deve ispirare nella gestione della cosa pubblica; - il prevalere della cultura sulla forza - la dignità della vita di ogni persona - il lavoro e i diritti dei lavoratori NOI LO RICORDIAMO. E NON LO VOGLIAMO DIMENTICARE Viva la Pace Viva la Costituzione Viva la Repubblica democratica fondata sul lavoro