ho accolto con piacere, l'invito del vostro sindaco a ricordare il sessantanovesimo Anniversario della Liberazione in questo Comune.

Memoria che in queste terre manda alla mente i sanguinosi combattimenti della Linea Gotica, quel muro di fortificazioni, di casematte, di appostamenti di cecchini e di militari che divise, nei sanguinosi mesi della Guerra di Liberazione, in due il nostro Paese dalla Liguira a Rimini. Da un lato l’Italia liberata che, grazie alla lotta degli Alleati e dei partigiani italiani riconquistava libertà, democrazia e dignità. Dall’altra l’occupazione tedesca e il collaborazionismo dei fascisti, con il loro sciame di morte, di distruzione, di indegnità per la stessa onorabilità dell’Italia. La memoria riporta alla mente il contributo straordinario dato dalla comunità dell’Appennino bolognese, dall’antifascismo e dai partigiani della nostra terra alla Guerra di Liberazione, di cui tutto qui ci parla. Ce ne parlano i cippi dedicati al sacrificio dei figli migliori dell’Italia, martiri di poco più di 20 anni che scelsero la lotta partigiana per riscattare la Patria. Ce ne parlano le storie dei vecchi, piene di paura e di soprusi. Ma anche della gioia di quel giorno in cui “venne la libertà”. E a Bologna (dove tanti erano sfollati per sfuggire alle bombe e ai rastrellamenti) come qui in Appennino si fece festa. Ce ne parlano i tanti “cimeli” che la terra ha custodito e che, piano piano, ogni tanto riaffiorano a testimoniare di come fu cruenta la lotta su questi monti. Ce ne parlano i cippi che ricordano la generosità e i sacrificio delle truppe di liberazione alleate che, come la X Divisione Montana Statunitense, combatterono al fianco dei militari e dei partigiani italiani. La storia ricorda bene questi fatti. Il 10 luglio 1943 le truppe gli alleati sbarcarono in Sicilia e iniziarono la loro avanzata verso nord, ma la resistenza delle truppe tedesche fece sì che dall'ottobre 1943 al maggio 1944 il fronte si arrestasse sulla linea di Cassino permettendo all'esercito nazista di controllare e sfruttare per l'economia di guerra le risorse dell'Italia centrale e settentrionale. L'ultimo baluardo difensivo per l'esercito in ritirata fu stabilito sull'Appennino centrale affinché potesse essere tenuta sotto il controllo nazista e fascista la Pianura Padana, sia per poter sfruttare appieno tutte le risorse industriali, agricole e di manodopera di cui questa zona è particolarmente ricca, sia per proteggere la Germania e l'Europa settentrionale dall'avanzata alleata. La Linea Gotica divenne quindi una barriera difensiva importantissima, da tenere a tutti i costi. La moroflogia di questa zona italiana, con gli Appennini e ad est i fiumi e le zone delle valli, offriva uno scenario particolarmente favorevole e l’opera dei genieri tedeschi, affiancati da circa 50.000 operai italiani e da una brigata slovacca di 2.000 uomini, permise la fortificazione dei 320 chilometri che andavano dal fiume Magra, tra La Spezia e Massa Carrara, a Pesaro. Fu qui, dunque, che si concentrò l’impegno di alleati e partigiani per riunificare l’Italia nel nome della libertà, della democrazia e della giustizia sociale. Alla fine di agosto '44 scattò la così detta Operazione Olive, il cui obiettivo era lo sfondamento della Gotica sul fronte adriatico. A metà settembre gli americani occuparono Monte Battaglia e la strada per Imola fu aperta. La Gotica cedette sotto la spinta americana e partigiana, uno dopo l’altro, furono liberati i centri principali lungo la Futa. Il 13 novembre 1944 la radio "Italia combatte" diffuse le "Nuove istruzioni impartite dal generale Alexander ai patrioti italiani", il così detto proclama Alexander dove il generale rendeva pubbliche, ad alleati e a nemici, le strategie militari che prevedevano l’arrestarsi delle operazioni e invitava i partigiani italiani a cessare le attività in attesa della ripresa dei combattimenti prevista per la primavera. Non era evidentemente possibile per i partigiani tornare nelle proprie case, visto che l’Italia settentrionale era controllata da nazisti e fascisti e quindi i mesi che seguirono furono drammatici per la Resistenza: numerosissime furono le azioni di repressione, i rastrellamenti e le stragi e durissimi furono gli scontri con tedeschi e le milizie della repubblica di Salò. Dopo l’arrestarsi degli americani, gli inglesi proseguirono sempre più lentamente lungo le vie Emilia e Adriatica, liberando Cesena, Forlì e Ravenna, con la collaborazione dei partigiani delle Brigate Garibaldi, Gustizia e Libertà, Mazzini, Matteotti. Le attività militari ripresero e il 20 febbraio gli americani, con l’appoggio dei partigiani della divisione “Modena Armando”, conquistarono il Monte Belvedere e il 5 marzo entrarono a Castel d’Aiano. E il 25 aprile 1945 anche nelle nostre valli risuonò limpida la voce di Sandro Pertini: il futuro presidente della Repubblica dai microfoni di Radio Milano Libera, la “”Radio della Resistenza” impartiva il tanto atteso ordine di insurrezione generale: “Ai tedeschi e ai loro complici fascisti – diceva – una sola alternativa: arrendersi o perire”.

L’Italia era di nuovo unita e libera. Una stagione di riforme, di speranza, di conquiste democratiche, dei diritti era alle porte. A Castel d’Aiano, come nel resto del Paese, ci sono stati uomini e donne che si sono sacrificati per la salvezza e per la libertà dell’Italia. Persone semplicemente amanti della libertà; giovani e ragazzi che non volevano essere arruolati nell’esercito collaborazionista della Repubblica sociale di Mussolini. Donne e uomini che hanno conosciuto la brutalità dell’occupante nazista e dei fascisti repubblichini. Donne e uomini che hanno deciso di rifiutare l’orrore di 20 anni di dittatura fascista e di 4 anni di guerra. In tanti diventano partigiani. Care cittadine e cari cittadini, la nostra democrazia è sancita da una Costituzione che non poteva dimenticare i milioni di morti, il rivolgimento radicale del mondo, il tramonto delle grandi culture europee, le deportazioni, il razzismo, lo sterminio di massa, la necessità e l’aspirazione di nuove forme di solidarietà e la messa al bando della guerra. La Costituzione della Repubblica italiana, ha origine nella Resistenza e nella guerra di Liberazione, nel sacrificio dei deportati, dei partigiani, dei militari, uniti nel rifiuto del fascismo e del nazismo, a costo della propria vita, a costo delle stragi e delle barbare rappresaglie naziste. Affermare ciò non è un espediente retorico, né una frase fatta. È il riconoscimento della realtà. Così è riconoscimento della realtà, ricordare come, la Lotta di Liberazione, abbia avuto un carattere corale, parte integrante di quell’unione mondiale di forze che ha sconfitto definitivamente il nazismo e che ha portato l’Italia a vivere con pieno diritto nell’epoca del dopo Auschwitz e il dopo Fossolia condividere la costruzione di un nuovo assetto internazionale, nel mondo e in Europa. Lo spirito unitario della Costituzione ha saputo prevalere su diversità e sulle contrapposizioni ideologiche delle varie forze politiche, tanto che tutti furono spinti, al di là di ogni interesse e strategie particolari, a difenderne sempre i valori e i principi fondamentali. Per questo si può ben affermare che la Costituzione italiana è nata da quel crogiuolo di idee, di contrasti, di diversità, di emozioni che la rende universale ed in qualche modo extratemporale. Negli ultimi anni c’è stato chi, più o meno ostentatamente, ha cercato di sminuire il significato del 25 aprile, relegandolo a evento, a celebrazione di parte! C’è chi addirittura ha proposto di abolire questa data. Così come negli ultimi due decenni si è cercato di svilire il contributo, determinante, dato dai partigiani italiani (comunisti, socialisti, laici, repubblicani, cattolici e monarchici) alla lotta di Liberazione. La storia, la realtà dei fatti, smentisce clamorosamente e senza appello queste posizioni. Se l’Italia non è diventata, in quegli anni, una Jugoslavia, se non ha vissuto un dopoguerra lacerante come la Grecia, se non è stata smembrata come la Germania, se non ha subito governi militari di occupazione come il Giappone, se ha potuto scegliere democraticamente di costituirsi in Repubblica con il referendum del 2 giugno 1946, se ha potuto darsi una Carta Costituzionale anziché vedersela imporre come il Giappone e la Germania, la ragione fondamentale sta proprio nel carattere democratico, popolare e unitario della Resistenza antifascista. Questa verità storica non solo va difesa; ma essa deve coltivare la memoria, il duraturo ricordo! E NOI VOGLIAMO RICORDARE che c’è stato chi ha combattuto per la libertà e c’è stato chi ha combattuto per la dittatura. che c’è stato chi ha combattuto per la giustizia e chi ha combattuto per riempire i campi di sterminio. Noi siamo e saremo sempre dalla parte di chi ha combattuto e si è sacrificato per la libertà e per la giustizia, perché si deve a quel sacrificio se da 69 anni viviamo in pace, se da 69 anni – malgrado limiti, difetti e contraddizioni – viviamo in democrazia e in libertà e se il Paese ha potuto produrre cambiamenti senza precedenti nella sua struttura, fino a entrare a far parte del novero ristretto delle nazioni più industrializzate. La Costituzione ha consentito e accompagnato l’evoluzione dell’Italia nella libertà, nello stato di diritto, nella giustizia. Siamo passati attraverso prove severe in questi ultimi 69 anni e si deve alla Costituzione se il popolo italiano e le Istituzioni hanno saputo essere saldi e determinati nell’affrontare, prevenire e sconfiggere i tentativi autoritari e gli attacchi terroristici. Ma le prove difficili non sono certo finite! Negli ultimi anni – complice una terribile crisi economica e finanziaria internazionale e teorie economiche improntate a un rigore privo di etica sociale - stiamo assistendo ad un progressivo avvelenamento dei rapporti sociali, ad un diffuso attacco al mondo dei diritti della persona e alla dignità del lavoro, all’aumento esagerato della diseguaglianza economica fra ricchi e poveri. Assistiamo quotidianamente all’affermarsi di comportamenti che non cercano la qualità della convivenza, ma la oltraggiano fino a metter in discussione la stessa democrazia. Sappiamo bene, infatti, che la democrazia ha difficoltà a sopravvivere in una società in cui si disprezza - la politica, - la gestione del bene comune, - la partecipazione democratica dei cittadini, - e in cui non si avverte più come necessaria nessuna convergenza comunitaria e dove gli interessi particolari prevalgono su tutto. Troppi si sentono autorizzati e incoraggiati a far uso di espressioni violente, volgari, offensive dell’altro, a disprezzare qualsiasi regola a concedere spazi alla corruzione e al discredito delle Istituzioni. Non ci si ascolta più, ma ci si urla contro sopraffacendo con il dileggio, gli schiamazzi e le grida, la sostanza della riflessione e dei ragionamenti. Sono tutti atteggiamenti che erodono lentamente le basi del civile vivere comune. NOI NON DIMENTICHIAMO che questo è già avvenuto nella nostra storia, e ci è costato caro! PER NON DIMENTICARE, vogliamo ricordare il debito di onore, di sangue, di civiltà, di riconoscenza che dobbiamo all’esperienza storica, politica e civile della Lotta di Liberazione: - per lo Stato Repubblicano che ha contribuito a fondare - per la società libera che ha consegnato alle nostre generazioni - per i principi di giustizia e di equità sociale che ci ha trasmesso - per l’affermazione che in politica non deve mai prevalere l’odio per l’avversario - per l’insegnamento che a ogni generazione spetta la sua fatica Tocca a noi, oggi, riscattare - il senso alto e l’idealità della politica; - l’etica democratica della nostra Costituzione; - i valori morali a cui ci si deve ispirare nella gestione della cosa pubblica; - il prevalere della cultura sulla forza - la dignità della vita di ogni persona NOI NON LO DIMENTICHIAMO. E NON LO VOGLIAMO DIMENTICARE Desidero concludere con un attualissimo e profondo ringraziamento per tutti coloro che hanno avuto la forza ed il coraggio d’intraprendere la lotta partigiana e la guerra di Liberazione. E per i tanti che, oggi, nelle istituzioni democratiche, nelle organizzazioni politiche e sindacali, nelle associazioni di volontariato danno significato e concretezza, con il loro impegno e con il loro lavoro, a quei valori e a quegli ideali di libertà e democrazia che sono a fondamento della Repubblica e della Costituzione.