Interventi

23 Aprile 2014

Lavoro, Salute, Liberazione

Lavoro, Salute, Liberazione

 

Commemorazione dell’Anniversario della Liberazione

alle Officine Grandi Riparazioni di Bologna

 

Bologna - 23 aprile 2014

Intervento di Simonetta Saliera

Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna

 

 

 

È con grande onore che oggi ricordo con tutti voi il 69esimo anniversario della Liberazione qui, alle Officine Grandi Riparazioni di Bologna. Oggi siamo qui all’OGR, come tutti abbiamo imparato a chiamare questo impianto. Non è una piazza, non è un sacrario, ma un complesso industriale che tanto ha significato per la città, non solo a livello produttivo: perché questo non è un luogo come tanti altri.

È un luogo fortemente simbolico, la cui natura va oltre la semplice funzionalità dell’uso. È un luogo di resistenza e di lotte, di ferite e di lutti. Ho letto, con attenzione e partecipazione emotiva, la relazione del Comitato di Liberazione nazionale di quelle che allora erano le “Officine del materiale mobile delle Ferrovie dello Stato” di Bologna. Ho letto che nel gennaio del 1945, un operaio, Giordano Ferri, si impegnò per “scegliere fra la massa delle maestranze alcuni uomini coraggiosi e valorosi, in modo da avviare la costruzione del Comitato d’officina. Sono anche loro fra quelli che hanno fatto la Resistenza; sono anche loro quelli che hanno guidato una vera e propria “ribellione delle coscienze” contro chi voleva calpestare e sopprimere la libertà e la dignità dell’uomo. Uomini e donne, giovani, giovanissimi e anche anziani, di tutte le estrazioni sociali: nel Comitato di quest’officina c’erano operai, ma c’erano anche un impiegato, un tecnico, un ingegnere. Per questo possiamo dire, senza correre il rischio di essere accusati di retorica, che la Resistenza è stata davvero una grande lotta di popolo. Per questo possiamo dire che a queste persone, che per prime si esposero – leggo ancora dalla relazione del Comitato di Fabbrica – “in un momento di terribili rappresaglie per il bene dei loro compagni, solo fidando della bontà della causa e della buona sorte” va la “riconoscenza di tutti noi, che crediamo nella validità degli ideali”. Oggi siamo qui per dire con forza che la Resistenza non è una delle tante pagine congelate nei libri di storia, non è una data tra le tante date, ma è patrimonio vivo di tutti noi italiani. Un patrimonio civile, una eredità morale, che ci sono state trasmesse da chi, allora, c’era. Da chi ha lottato a testa alta, da chi ha dato la vita perché questo fosse un Paese libero, democratico, solidale.
E non c’è retorica in quello che vi dico, perché è da qui, da questi valori, che è nata l’Italia moderna. Sono questi i valori alla base della nostra Costituzione, primo frutto normativo della Lotta di Liberazione. Una Costituzione che pone il lavoro a fondamento di tutto, enunciandolo esplicitamente tra i propri principi fondamentali, come una garanzia universale di dignità. Questo complesso industriale, nel suo periodo d’oro, contava 1500 dipendenti. Oggi siete circa 400. A questo proposito, voglio dire a tutti voi, che lavorate qui, nelle Officine, che le vostre preoccupazioni per il futuro lavorativo di questo complesso, per il vostro lavoro, sono le mie stesse preoccupazioni, e le preoccupazioni dell’istituzione che rappresento. E’ un impegno che non va giocato in difesa.  Tutta la filiera manutentiva del materiale rotabile è parte integrante, fondamentale, qualificante per garantire servizi efficienti sia per i servizi regionali che per quelli del traffico nazionale. Bologna, da tutti questi punti di vista è, e sarà ancor più nel futuro, uno snodo fondamentale di rango nazionale. Quindi, non solo non ha alcun senso dismettere, ma dobbiamo rilanciare. Dobbiamo pensare di collocare su Bologna funzioni manutentive di eccellenza, che puntino sulla innovazione e sulla qualità. La gara, in corso, per l’appalto dei servizi ferroviari regionali è l'occasione per le imprese di giocarsi le proprie carte, le proprie strategie industriali, compresa la necessità di mantenere nel tempo la qualità dei mezzi. Perché operare in questa direzione vuol dire dare sostanza a quello che dice la nostra Costituzione, che si fonda sul diritto al lavoro come garanzia universale di dignità. Ma non basta, perché il lavoro deve essere sicuro, perché non si può morire di lavoro. Perché quelle morti ipocritamente definite “bianche” non devono esserci più.
E invece, in quest’anniversario della Liberazione, non posso non ricordare i vostri compagni di lavoro, il caporeparto Valter Nerozzi, il tecnico Enzo Sermenghi, scomparsi entrambi pochi mesi fa, a poca distanza l’uno dall’altro. Sono le ultime vittime di una lista tragicamente lunghissima di circa 200 persone, tutti morti per l’amianto. È giusto, è importante, aver chiesto per loro giustizia. Ma nessun processo, nessun risarcimento potrà lenire lo strazio, né restituire alle famiglie i propri cari, morti per aver lavorato onestamente per anni in queste Officine. Ognuno di noi, per quanto gli compete, deve impegnarsi per promuovere e difendere il diritto alla sicurezza sul lavoro. Per promuovere e difendere la regolarità, la salubrità e le condizioni di lavoro, a partire dai comparti più a rischio, ai comparti più esposti. Senza mai abbassare la guardia, mantenendo sempre alta l’attenzione, attraverso un confronto e un coordinamento tra forze economiche, sociali e istituzionali: i valori del lavoro e della sicurezza come questioni essenziali, vitali per la nostra società, e per tutta la nostra comunità.E sull’amianto, in particolare, dico che una regione senza amianto è un obiettivo vero, non un’utopia. Dal 2008 al 2012 in Emilia-Romagna abbiamo aumentato i controlli, le bonifiche e le tonnellate di amianto rimosse (da 25.000 a 74.000 tonnellate). Solo col terremoto del 2012, sono state eliminate 9.000 tonnellate nella zona del sisma. E questo della lotta all’amianto è un impegno che vogliamo continuare a condurre con grande determinazione, perché è un impegno di civiltà così come voi ci avete insegnato. Così come un impegno per la civiltà fu quello costruito dalla Resistenza con straordinaria partecipazione e sacrificio personale. Oggi più che mai occorre interrogarsi su cosa rimanga di quel 25 aprile di 69 anni fa. Cosa rimanga dell’impegno di quella generazione che scelse di lottare contro la sopraffazione, contro la negazione della dignità umana, della libertà. Cosa rimanga di tutti quei civili che, senza nemmeno far parte della Resistenza militante, furono vittime innocenti della furia nazifascista. Rimane un patrimonio inestimabile, perché quelle donne e quegli uomini ci hanno lasciato un’eredità immensa. È la libertà, è la democrazia, è la giustizia sociale è il rispetto della persona verso le altre persone. È la capacità di costruire un mondo dove le differenze rappresentano un valore, dove la solidarietà è lo strumento per affrontare il futuro. Ricordare oggi il 25 aprile significa prendere coscienza della nostra storia. Significa capire come questa nostra libertà sia stata conquistata attraverso il sacrificio di vite umane. No, non è uno slogan: da qui nascono le radici più profonde dell’Italia democratica, le radici della nostra Costituzione. Negli ultimi anni – complice una terribile crisi economica e finanziaria internazionale e teorie economiche improntate a un rigore privo di etica e moralità – stiamo assistendo ad un progressivo avvelenamento dei rapporti sociali, ad un diffuso attacco al mondo dei diritti della persona e alla dignità del lavoro, all’aumento esagerato della diseguaglianza economica tra i ceti. Assistiamo quotidianamente all’affermarsi di comportamenti che non cercano la qualità della convivenza, ma la oltraggiano fino a mettere in discussione la stessa democrazia. Sappiamo bene, infatti, che essa ha difficoltà a sopravvivere in una società in cui si disprezza

- la politica,

- la gestione del bene comune,

- la partecipazione democratica dei cittadini,

- e in cui non si avverte più come necessaria nessuna convergenza comunitaria e dove gli interessi prevalgono su tutto

Sono tutti atteggiamenti che erodono lentamente le basi del civile vivere comune.

NOI NON DIMENTICHIAMO

che questo è già avvenuto nella nostra storia.

PER NON DIMENTICARE

Vogliamo ricordare il debito di onore di sangue di civiltà di riconoscenza che dobbiamo alla Lotta di Liberazione:

- per lo Stato Repubblicano che ha contribuito a fondare

- per la società libera che ha consegnato alle nostre generazioni

- per i principi di giustizia e di equità sociale che ci ha trasmesso

- per l’affermazione che in politica non deve mai prevalere l’odio per l’avversario

- per l’insegnamento che a ogni generazione spetta la propria fatica.

Tocca a noi, oggi, riscattare:

- il senso alto e l’idealità della politica;

- l’etica democratica della nostra Costituzione;

- i valori morali a cui ci si deve ispirare nella gestione della cosa pubblica;

- il prevalere della cultura sulla forza

- la dignità della vita di ogni persona - tocca a noi condannare chi mette in discussione l’eroismo di quei giovani che oggi si vogliono dileggiare con atti vandalici

NOI NON LO DIMENTICHIAMO

E NON LO VOGLIAMO DIMENTICARE

Questo è il Paese che noi vogliamo, anche a nome di quegli operai delle OGR che allora si impegnarono per la libertà, la democrazia e la giustizia sociale. A nome di tutti coloro che non ci sono più, uccisi dall’amianto, e a nome di tutti voi che difendete quotidianamente, con tenacia e passione, il vostro ed il nostro principale diritto: il lavoro.

Grazie

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W la Resistenza

W la Repubblica democratica fondata sul lavoro

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