7 Febbraio 2014
La Gazzetta di Parma di venerdì 7 febbraio 2014
Riordino del territorio, la Saliera fa il punto su fusioni e unioni
“Riducendo il numero di Comuni diminuiscono i costi e si danno più servizi alle comunità”
Simonetta Saliera, vicepresidente della Regione, sarà a Parma e Fornovo lunedì e a Polesine venerdì prossimo. Ho un fitto calendario di incontri che va dalla presentazione di progetti relativi alla sicurezza (in città lunedì alle 10,30) all’approfondimento di temi che riguardano il riordono dopo le fusioni fra Comuni e le nuove Unioni dei Comuni che interessano soprattutto i territori delle ex comunità montane. In vista della serie di incontri, le abbiamo chiesto di fare il punto sulla situazione che si è venuta a creare in merito a fusioni e unioni, tema che segue in prima persona.
Vicepresidente, Sissa e Trecasali hanno deciso di fondersi. Adesso i due Comuni sono commissariati. E a maggio si andrà alle urne. Cosa implica la fusione?
“Implica un solo Comune per dare più risposte ai cittadini. Meno spese per il funzionamento e più servizi alla comunità, anche perché il nuovo Comune è esentato per i primi due anni di vita dai vincoli del patto di stabilità e gode per i primo 15 anni di vita di finanziamenti straordinari da parte dello Stato e della Regione”.
Quante sono le fusioni avvenute in ambito regionale?
“Lo scorso primo gennaio sono ufficialmente nati quattro nuovi Comuni dalla fusione di 12 municipi precedentemente esistenti. Oltre a Sissa e Trecasali si sono costituiti il Comune di Valsamoggia, frutto della fusione di Bazzano, Monteveglio, Savigno, Crespellano e Castello di Serravalle in provincia di Bologna; quello di Fiscaglia, nato dalla fusione di Migliaro, Migliarino e Massafiscaglia nel ferrarese e Torriana Poggio Berni, frutto della fusione di Torriana e Poggio Berni a Rimini. La giunta regionale, poi, ha avviato l’iter per le fusioni di Granaglione e Porretta Terme nel bolognese e Ligonchio, Busagna, Collagna e Ramiseto nel reggiano. Su queste due ultime fusioni si dovranno adesso tenere i referendum consultivi attraverso i quali i cittadini potranno esprimere la loro opinione”.
Si parla anche di una possibile fusione fra Sant'Ilario, Campegine e Gattatico, nel Reggiano. A che punto sono i lavori?
“Sappiamo che, in tutta la regione, ci sono diversi Comuni che stanno valutando di fondersi fra loro. Il processo avviato è in corso ed è un elemento positivo, concreto, che ci vede impegnati in prima linea a fianco degli amministratori e dei cittadini. Quando i Consigli comunali chiederanno alla Regione di procedere e indire il referendum saremo pronti”.
Le Comunità montane si sono trasformate in Unioni di Comuni per la gestione associata dei servizi. Non potrebbe trattarsi di un escamotage che di fatto consente la sopravvivenza delle Comunità montane anche dopo la loro abolizione?
“La Regione Emilia-Romagna ha abolito le Comunità montane definitivamente. Da noi le riforme, si fanno e non si predicano e basta. Le Comunità montane erano un ente terzo che si aggiungeva ai Comuni, le Unioni invece sono gli stessi Comuni che lavorano insieme e, attraverso una forte collaborazione e integrazione, sono protagonisti del territorio. Non si tratta di creare un nuovo livello di governo da sovrapporre a quelli esistenti ma di mettere insieme le funzioni, le risorse, il personale. Insomma, l’Unione fa la forza: mettendo insieme si risparmia sui costi di gestione e si liberano risorse da utilizzare in politiche per i servizi alla persona, il sostegno allo sviluppo e alle imprese, la cura del territorio”.
Tuttavia, soprattutto in montagna, ci sono Comuni che sono contrari alle Unioni e vogliono ragionare solo in termini di convenzioni. Cosa implica per i Comuni e per i cittadini?
“Quella delle convenzioni è una delle possibilità offerte dalla legge statale in materia ma la via migliore resta quelle delle Unioni. È questa la strada più solida e che dà più garanzie per il futuro. Capisco il timore, le resistenze, ma non bisogna avere paura di vincere nuove sfide: comunità più coese non sono una rinuncia alla propria identità, ma un modo per cooperare e vivere tutti meglio in un territorio”.
Quali potrebbero essere i futuri passi del riordino del territorio in Emilia Romagna?
“La nostra proposta è chiara: 46 ambiti ottimali, con la conferma delle Unioni già esistenti e la nascita di nuove, fanno sì che il territorio dell’Emilia-Romagna si sia rafforzato. In un tempo di scarsità di risorse pubbliche questo è il modo per vincere le sfide della crescita e della coesione sociale. Ora occorre soprattutto che nelle nuove Unioni si passi alla concreta riorganizzazione di funzioni e servizi associati, con l’obiettivo di rispondere maggiormente ai bisogni delle nostre comunità”.