13 Dicembre 2013
Amarsi non è un reato
13 dicembre 2013 – Convegno LibDem
Intervento di Simonetta Saliera
Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna
Buongiorno a tutti,
ringrazio Franco Grillini per l’invito a portare il saluto della Regione Emilia-Romagna a questa importante giornata di lavoro e di studio che, già nell’elenco dei partecipanti, si annuncia densa di contenuto e di spunti interessanti per contribuire a quella ricostruzione di civiltà e di moralità dell’Italia che deve partire non da notizie eccezionali, ma dai problemi seri e reali del Paese e delle persone che li vivono. Fondamentale è per tutti il poter godere dei diritti essenziali per la persona senza distinzione di sesso, di razza, di religione e di reddito, di cui, da troppo tempo, si parla ingolfando convegni e aule parlamentari, ma lasciando aridamente vuota la legislazione e la prassi del Paese.
Sono d’accordo sulla proposta formulata nell’invito a questo convegno e quindi sono perfettamente in consonanza con l’iniziativa volta a verificare la possibilità che i Comitati regionali per le comunicazioni inseriscano anche le vostre istanze nei loro compiti di controllo dell’emittenza radiotelevisiva. Non penso solo alle vostre organizzazioni ma anche a servizi specifici di Rai Educational. Penso che in Italia sia venuto il momento di una pulizia del linguaggio. Certo siamo nella società di twitter e degli sms dove tutto viene abbreviato, velocizzato, condensato come se fosse un liofilizzato, ma viviamo una vera emergenza culturale. Le parole che molte persone pronunciano e che, in maniera acritica, vengono riportate dai mezzi di comunicazione, non hanno più il reale senso che il vocabolario e che l’intelligenza comune assegna loro. Così come le parole che, altrettanto in libertà, vengono scritte sono poi lette, in maniera ugualmente acritica, perdendo di senso e di significato. Viviamo in una sorta di eterno presente che spaventa per quanto è banale, irresponsabile, privo di ogni impegno per la crescita culturale del Paese e per la specifica libertà di ogni persona. La crisi economica e morale si inserisce in ogni interstizio della vita sociale e deflagra in modo brutale riportando al medioevo la società dei diritti e del beneserre che essa implica. Banalità e superficialità sono i migliori alleati di chi pensa di distogliere l’attenzione del Paese dai problemi veri creando tabù e capri espiatori (pensate a cosa è successo sul tema immigrazione, islamismo, diritto di culto nel primo decennio del nuovo millennio) su cui indirizzare l’attenzione (e la rabbia) dei cittadini intanto che si assiste, quasi inermi, allo smantellamento dello stato sociale e si resta immobili sull’attualizzazione dei diritti civili individuali e collettivi di vaste parti della popolazione. Occorre , come diceva Cesare Zavattini, che “buongiorno torni a voler dire buongiorno”. Chi ha il potere della parola deve tornare ad avere quella pulizia del liguaggio, quella serietà che permetta il mantenimento della democrazia sostanziale dell’Italia. Gli esempi, proprio sul tema oggetto dell’incontro di oggi, potrebbero essere tanti.
E tutti poco edificanti per un Paese la cui morbosità, le cui mai sopite pruderie, fanno sì che siamo in ultime posizioni per quanto riguarda l’adeguamento dei diritti civili, all’evoluzione del vivere quotidiano e sociale, ed alla comprensione dei bisogni e delle identità sessuali di tutti i propri cittadini. Chi interverrà dopo, ha competenze, storia personale, impegno politico e civile individuale molto superiore al mio per entrare nel merito del tema. Al di là delle convinzioni culturali, religiose e politiche di ognuno di noi, è arrivato il momento che anche l’Italia estenda a tutti i cittadini istituti giuridici laici (al Parlamento il compito di stabilire l’aspetto formale) che permettano un pieno esercizio dei diritti di reciproco affetto, e dell’accesso a forme previdenziali e di tutela. Si tratta di riconoscere la piena uguaglianza dei diritti previsti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione. Non si tratta più solo di fare enunciazioni (per quanto importanti), ma riempirle di pochi e precisi provvedimenti concreti che prendano atto del mutato quadro culturale e civile del Paese. Non si tratta né di censure, né di lezioncine moralistiche, ma di contribuire a costruire regole per un linguaggio non offensivo per le persone, per una comunicazione rispettosa che si liberi di incrostazioni e tendenze frutto del brodo omofobo in cui galleggia gran parte della nostra società. Amarsi non è un reato.
Grazie a tutti per l’attenzione e buon lavoro.