29 Settembre 2013
I mille anni di Lagosanto
I mille anni di Lagosanto
Lagosanto 29 settembre 2013 – Anniversario dei primi mille anni di vita del Comune
Intervento di Simonetta Saliera
Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna
Buongiorno a tutti,
Saluto il Prefetto, la VicePresidente del Senato, la Presidente della Provincia e il Sindaco.
Un ricordo particolare al Vostro Sindaco Paola Ricci per esprimere ai suoi famigliari ed alla comunità di cui era espressione di governo, la mia più viva partecipazione al vostro lutto. Un saluto, infine, a cui si accompagnano sentimenti di vicinanza ed i più calorosi auguri di buon lavoro al vicesindaco Manuel Masiero che dopo il grave lutto si è assunto l’onere di guidare il Comune, di portare avanti il lavoro dell’amministrazione comunale.

Oggi è un giorno di festa dalla valenza storica. Mille anni di una comunità. Mille anni di tribolazioni e di gioie, di emigrazioni e di immigrazione, ma soprattutto di faticoso lavoro e tanti, tanti secoli di miseria. Ciononostate nella nostra tradizione, nella nostra storia patria, il Comune fu, finchè resistette, l’istituzione più vicina in assoluto alle esigenze della propria Comunità. Il Comune fu la rappresentanza che, proprio un millennio fa, quando la civiltà occidentale cominciava a uscire dai secoli bui del medioevo, si lasciava alle spalle il terrore delle invasioni barbariche. Recuperava, anche attraverso il sacrificio di quanti avevano protetto i testi della cultura classica dalle scorrerie degli invasori, quella cultura che tanto aveva rappresentato per la penisola italiana delle tante Italie. Per questo donne e uomini che, sull’onda di una ripresa economica, lasciavano le valli e le campagne per creare centri di agglomerazione urbana come presidi di difesa collettiva. Nel contempo sentirono la necessità di darsi forme di governo il più possibile autonome dai grandi feudatari, laici o cattolici che fossero, capaci di coinvolgere più ampie fasce di cattidini che il tempo consentiva. Come ha scritto Giuliano Procacci nel suo “Storia degli italiani”, il libero Comune nato sulle macerie dell’Alto Medioevo ha rappresentanto il vero momento di riscossa civica dell’Italia che, dopo la caduta dell’Impero romano e fino all’unificazione del 1861, non fu altro che, per troppi secoli, solo un’espressione geografica e non un popolo. Nulla a che vedere con quel processo di nascita degli Stati nazionali che, a partire dai primi secoli del secondo millennio dopo Cristo, aveva caratterizzato le altre comunità europee, ben presto passate dai sistemi della società dei feudi o delle Signorie, dello Stato della Chiesa o del Sacro Romano Impero, alla creazione di Stati nazionali, prima come “proprietà privata” di sovrani assoluti, poi come lento, ma inesorabile passaggio a forme di Stato rappresentativo per approdare, all’alba del XX secolo a democrazie parlamentari con forti risvolti sociali.

Per troppo tempo alla nostra penisola questo fu negato perché terra divisa e contesa tra Stati e sovrani in lotta tra di loro per un’egemonia ottenuta sempre con l’aiuto dello straniero e, dunque, a scapito tanto dell’unità nazionale, quanto del reale coinvolgimento delle comunità locali, il cui ruolo fu sempre relegato – fatta salvo una piccola elites nobiliare - a ruolo subalterno e di “proprietà” dei potenti di turno. In questo desolante quadro, biasimato dalle menti più acute della nostra cultura nazionale (da Macchiavelli a Mazzini), i liberi Comuni che, come Lagosanto, videro la luce al termine dei secoli bui e difesero, con fortune alterne, la propria peculiarità e la propria libertà in quell’immenso travaglio che fu la penisola italiana prima del 1861. Una peculiarità che ha avvicinato, culturalmente e economicamente, la nostra terra alle esperienze più avanzate del nord Europa, al territorio di lingua tedesca, altra culla della municipalità e non a caso altra nazione che – come l’Italia e con gli stessi travagli – arrivò all’unità politica e territoriale solo a tardo XIX secolo. Festeggiare oggi i mille anni di Lagosanto, è anche rendere omaggio a tutti i Comuni d’Italia, alla storia tenace che ne ha fatto, anche nei momenti più duri, la parte dello Stato più vicina ai cittadini. Lagosanto, dunque, è una comunità che nella sua vita, come vedremo nei pannelli della mostra “Mille passi nella storia”, che si va ad inaugurare alla fine di questa cerimonia, ha vissuto tutto il travaglio dei Comuni italiani. Dalla speranza dell’anno mille alla tragedia di una nazione che fu solo terra di scorribanda dello straniero, dall’orgoglio della ritrovata unità alla tragedia della guerra, dal riscatto della Resistenza partigiana al mito del boom economico. Con queste terre che, grazie a politiche di sviluppo pubbliche e a investimenti conseguenti, a partire dagli anni ’60 smisero di essere zone depresse per diventare punti fondamentali di una delle zone più ricche d’Europa, come è la Pianura Padana e nello specifico la pianura della nostra Regione Emilia-Romagna. Purtroppo, però, oggi le nostre Comunità sono attanagliate da innumerevoli problemi. Veniamo da un triennio in cui, con manovre finanziarie governative scritte più con il filo spinato che con l’inchiostro, su Regioni, Comuni e Province sono stati scaricati i costi di un risanamento finanziario che si è reso necessario per fronteggiare una crisi internazionale nata dalla bulimia della speculazione finanziaria. Fare denaro con il denaro è stata la parola d’ordine del capitale globale. Rompere tradizionali vincoli di solidarietà ed abbandonare Stati poco profittevoli insieme alle loro umanità.

Il tutto aggravato, per l’Italia, da una classe dirigente incapace di capire cosa stesse succedendo e quali disastrose condizioni di vita si stavano determinando per larghe parti della nostra popolazione. I Comuni, le Regioni, le Province sono stati messi in ginocchio da tagli ai trasferimenti e risorse che hanno avuto e stanno avendo effetti devastanti sulla carne viva delle persone e del sistema delle imprese. In questo drammatico quadro, in questi anni, la Regione ha operato per mantenere alta la qualità e la quantità dei servizi pubblici per persone, imprese, lavoro e cura del territorio. Abbiamo cercato di difendere il potere d’acquisto di salari, pensioni e redditi. Abbiamo investito in interventi anticiclici per la ripresa economica. Crediamo, dunque, che non sia possibile una rinascita dell’Italia senza una incentivazione del Sistema produttivo e una ripresa del settore manifatturiero. I Comuni possono essere, insieme alle Regioni e alle Province, motori della ripresa, scintille di quelle opere pubbliche di cui il Paese ha doppiamente bisogno: da un lato per i servizi (infrastrutture, scuole, edilizia pubblica, strutture socio-sanitarie, luoghi di ricreazione e incontro ludico) che essi offrono al territorio, dall’altro come opportunità di lavoro per imprese ed occupazione. È in quest’ottica che, nel 2010, la Regione Emilia-Romagna ha varato una propria legge per la gestione territoriale del patto di stabilità che ha permesso di liberare oltre 450 milioni di euro di investimenti: si tratta di risorse che Comuni e Province avevano in cassa, ma che, alla luce delle norme statali sul patto di stabilità, senza l’intervento della Regione non avrebbero potuto spendere a beneficio delle nostre comunità. Le comunità locali, se non vogliono subire i cambiamenti, devono esserne protagoniste. Per questo, nel dicembre 2012, la Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con le associazioni di rappresentanza di Comuni e Province e con le parti sociali, ha approvato una legge per incentivare e sostenere l’associazionismo tra Comuni attraverso la nascita di Unioni e il potenziamento di quelle esistenti, e dove ci sia la richiesta dei territori in tal senso, fusioni tra Comuni. È un processo che, a meno di un anno dall’approvazione della legge (la lr 21/2012) ha portato all’individuazione di 46 ambiti ottimali, in gran parte corrispondenti con i distretti socio-sanitari, dove si svolgano le attività e le gestioni in forma associata in modo da risparmiare sui costi di gestione e liberare risorse per le politiche sul territorio: i servizi alla persona, le politiche di sviluppo e di cura del territorio. È una ipotesi particolare di riforma dello Stato decentrato ove funzioni ed autonomie locali amministrative e finanziarie vengono riviste nel segno della razionalizzazione e della possibile eliminazione dei mille sprechi. Questa è la nuova sfida che tutti insieme stiamo vivendo, che stiamo affrontando in modo da non lasciare nessuno solo. Ricominciare l’ascesa sociale di larghi strati della popolazione che oggi sono costretti a fermarsi ai primi gradini perché per noi non ci può essere vero sviluppo senza equità e giustizia sociale.