19 Febbraio 2013
Fare cultura del territorio per crescere
“Fare cultura del territorio per crescere: le sfide in Emilia Romagna”
Bologna, Convegno su economia organizzato
dal Sole 24 Ore – 19 febbraio 2013
Intervento di Simonetta Saliera
Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna
L’Emilia-Romagna sta, in questo momento, vivendo una fase che mette sotto forte pressione il suo sistema socio-economico e i fattori che da sempre ne hanno determinato una grande forza endogena. Il passato racconta di un sistema che ha affrontato le sfide dello sviluppo e dell’apertura del mercato con un grande dinamismo individuale e capacità di organizzazione collettiva fin dai tempi storici degli oppifici della tessitura. Tutto questo ha messo in moto un grande processo di accumulazione di competenze e conoscenze, di altissima specializzazione e legate tra loro da intrecci di collaborazione, scambio, condivisione. Un sistema forte, ma difficilmente replicabile. Al tempo stesso, un sistema fortemente dinamico, in continua evoluzione e pronto a cogliere le occasioni innovative del mercato mondiale. Attraverso questi processi evolutivi, anche le attività più tradizionali si sono evolute in forma moderna e hanno incorporato crescente valore aggiunto dalla tecnologia o hanno determinato la nascita di comparti in grado di offrire apporti tecnologici. Nella nostra regione, vi sono alcuni ambiti produttivi presidiati lungo tutta la filiera o tutte le sottofiliere che li compongono. Tutto ciò ha reso l’Emilia-Romagna un sistema solido e flessibile, che spesso ha superato importanti discontinuità tecnologiche e shock di mercato. Forse l’ultima crisi, ormai lunga da quasi un lustro, supera però qualsiasi precedente shock esterno. Il rischio di perdere parti significative di protagonisti della nostra esperienza di sviluppo è molto forte. A partire dalle imprese minori di subfornitura, ma non solo. Purtroppo. La creazione del valore, nonostante la qualità del nostro sistema produttivo si basa sempre più sul contenuto di conoscenze innovative incorporate nei prodotti, e sulla capacità di gestire e organizzare le attività di servizio ad essi connesse. Per questo, la nostra capacità di fare sistema deve porsi di fronte a nuove sfide, quali:
- rafforzare e rendere sempre più sistematico il legame tra le nostre filiere industriali e il sistema della ricerca applicata, per cercare di giungere a quello che abbiamo definito un ecosistema regionale dinamico della conoscenza e dell’innovazione;
- migliorare la qualità e la competitività dei servizi alle imprese, che possono dare un enorme contributo alla crescita del valore aggiunto e dell’occupazione, migliorandone la capacità di controllo del mercato;
- aumentare il grado di attrattività del nostro territorio per imprese e talenti esterni, al di là degli interventi di acquisizione di imprese in difficoltà;
- costruire nuovi percorsi di sviluppo in ambiti nuovi, anche non manifatturieri, a partire dal tema delle industrie creative e culturali, dal turismo ai prodotti agricoli di eccellenza.
In sintesi, partendo da una preziosa eredità, bisogna rendere più europeo il nostro sistema, creando spazi per i giovani innovativi, creativi e dinamici, che possono gradualmente riattivare la crescita ed apportare quei germi di cambiamento di cui anche la nostra regione ha bisogno. Da tempo nel nostro sistema sono in corso processi di rafforzamento strutturale nel senso dell’innovazione. Se gli indicatori di innovazione ci pongono ai vertici in Italia, in Europa ci vedono ancora indietro. È chiaro che ci sono diversi limiti intrinseci e ostacoli da superare quali per esempio: le piccole dimensioni, la scarsa capacità manageriale, un sistema di ricerca universitario che non si dedichi solo alla ricerca pura, alla necessità di una maggiore collaborazione tra le associazioni imprenditoriali. In questo percorso, uno dei passaggi chiave è anche il ruolo delle città. Dopo diversi decenni in cui il rilancio economico della Regione è avvenuto con il traino delle economie periferiche, sedi delle localizzazioni manifatturiere, è giunto il momento che le città riprendano in mano la leva dello sviluppo, sulla base della concentrazione delle funzioni innovative della ricerca, dell’alta formazione, delle istituzioni culturali e della dimensione metropolitana. La riqualificazione delle città nella “visione metropolitana” rappresenta quindi un passaggio chiave per la riqualificazione del sistema produttivo regionale. C’è ancora molto da fare, ma bisogna considerare che, dall’inizio degli anni 2000, con le leggi sulla ricerca industriale e sullo sviluppo della società dell’informazione, abbiamo cercato di supportare queste esigenze di cambiamento a livello di sistema. Ma le politiche regionali sono solo una parte del problema, bisogna che ad esse corrispondano comportamenti convergenti degli attori chiave dello sviluppo, a partire dal sistema finanziario e dal sistema formativo. Certamente, superare una fase di forte confusione per quanto riguarda competenze e risorse, tra Stato centrale e regioni, diventa essenziale per costruire una visione di lungo periodo verso il futuro con le relative strategie di politiche per lo sviluppo. Così come l’intreccio dei distretti di filiera con Tecnopoli di ricerca applicata ci renderanno sempre più appettibili, sia per valore aggiunto tecnologico, che per la costante professionalizzazione del lavoro. Non dimentichiamoci, infatti, la grande importanza assunta nei nostri territori con il collegamento tra apprendistato, scuole professionali, istituti tecnici (penso allo storico ed imperdibile “Aldini Valeriani”) e corsi specifici dell’Università.
Grazie per l’ascolto.