Interventi

9 Dicembre 2012

Per i martiri di Sabbiuno

Per i martiri di Sabbiuno

 

Sabbiuno – 9 dicembre 2012

Intervento di Simonetta Saliera

Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna

 

Signori sindaci, Signori del Comitato per le onoranze ai caduti di Sabbiumo

Partigiani

Soldati del picchetto d’onore

Autorità militari, civili e religiose,

Cittadini tutti

ho accolto con piacere, l’invito che mi avete rivolto per commemorare qui con voi il 68esimo anniversario del sacrificio di 18 giovani bolognesi, giovani che partigiani, che nel dicembre del 1944,  a pochi giorni dalla Battaglia di Porta Lame, inizio della liberazione della nostra città dal giogo nazifascista, vennero barbaramente assassinati come rappresaglia proprio del successo militare e politico dei loro compagni che, alle porte di Bologna, avevano combattuto (e vinto) quella che è stata fra le più importante battaglia partigiana in una città europea. Su  questo calanco collinare, tedeschi e fascisti di Salò, nel dicembre del ’44, uccisero un centinaio di partigiani e di civili catturati nei rastrellamenti di quell’inverno durante il quale, in seguito alle battaglie di Porta Lame, della Bolognina e dopo il “proclama Alexander”, l’offensiva antipartigiana da parte degli occupanti nazisti e dei loro complici repubblichini divenne, sull’intero territorio, particolarmente violenta e diffusa. I rastrellati, appartenenti a formazioni cittadine e della provincia furono prima prelevati dal carcere di San Giovanni in Monte, e poi condotti in varie riprese sul ciglio del calanco e dopo la fucilazione, precipitati nel fondo, dove vennero rinvenuti molti mesi dopo la fine della guerra, nell’Agosto del ’45.  La loro colpa era quella di essere partigiani, di essere renitenti alla leva repubblichina, di aver rifiutato di rispondere al “Bando Graziani”. Erano oppositori del nazifascismo e sostenitori del movimento di liberazione. Dal 1973 quelle giovani vittime sono ricordate da un Sacrario considerato uno dei monumenti più singolari e significativi dell’architettura monumentale del nostro tempo: ed è attorno al circolo di pietre grezze, una per ogni caduto, che il Comitato organizzatore, l’Anpi, le istituzioni promuovono ogni anno gli incontri di popolo e di autorità come quello di oggi, affinché la memoria di ferocia e di gloria non si disperda.

Cari amici, cari compagni

Noi oggi continuiamo a piangere il sacrificio di quei giovani, ma ne vogliamo anche innalzare il coraggio. La forza di aver detto no al fascismo, di non essersi accodati al “obbedivamo a un ordine”, il coraggio di aver saputo scegliere da che parte stare, e di aver scelto quella giusta. Il loro, come quello di tanti altri ragazzi e ragazze assassinate dai nazifascisti tra l’8 settembre 1943 e la Liberazione, fu il coraggio di credere tenacemente agli ideali ed ai valori che successivamente avrebbero dato la base alla nostra Costituzione. La nostra democrazia, infatti, è sancita da una Costituzione che non poteva dimenticare i milioni di morti, il rivolgimento radicale del mondo, il tramonto delle grandi culture europee, le deportazioni, il razzismo, lo sterminio di massa, la necessità e l’aspirazione di nuove forme di solidarietà e la messa al bando della guerra. Una Costituzione nata dalla Resistenza e dalla guerra di Liberazione, dal ricordo dei propri deportati, dei propri partigiani, dei propri militari uniti tutti nel non volere più né fascismo né nazismo, a costo della propria vita, a costo delle stragi e delle barbare rappresaglie naziste. Una Costituzione che sancisce l’Italia come una “Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Una Repubblica scelta dal voto libero del popolo italiano, degli uomini e, per la prima volta nella storia, delle donne. Dire perciò che la Costituzione nasce dalla Resistenza non è un espediente retorico, né una frase fatta, ma il semplice riconoscimento della realtà. Così come è il semplice riconoscimento della realtà ricordare come il movimento di Liberazione ebbe un carattere corale e si alleò a quell’unione mondiale di forze che sconfisse definitivamente il nazismo e portò l’Italia a vivere con pieno diritto nell’epoca del dopo Auschwitz, del dopo Dachau, del dopo Fossoli. Una Costituzione che seppe prevalere su quegli eventi di immani proporzioni e sulle forti diversità ideologiche in cui si contrapponevano le varie forze politiche, tanto che tutti furono spinti, al di là di ogni interesse e strategia particolari, a ricercare nella Carta fondamentale per la convivenza, una convergenza ragionevole ed equa in cui ogni cittadino si potesse riconoscere.

Perché ricordare?

Perché ogni anno ritornare a riflettere la necessità di memoria come fosse una preghiera?

Sono convinta sia sempre più necessario nei tempi e nel mondo in cui viviamo.

L’Europa fu fascista e nazista dal Portogallo alla Norvegia, dalla Finlandia alla Grecia fino alla Romani. Molti aderirono a quel movimento con governo fantocci come Vichy e Quisling, molto lo subirono occupati  militarmente. Quasi nessuno di noi in Europa ha fatto i conti, con severità e veridicità, con la storia del proprio recente passato. Quasi nessuno è riuscito perciò a spegnere completamente il fuoco della brutalità del dominio della forza nei rapporti sociali e nelle forme di governo. Penso sia uno scandalo che nessuno Stato abbia alzato la voce o abbia portato la questione al Parlamento Europeo della Costituzione ungherese (recentemente approvata) e che nega una delle fondamentali basi di una democrazia e cioè “la Libertà di Stampa”  a cui l’attuale governo ha aggiunto l’obbligo del censimento dei cittadini ebrei residenti. Penso alle azioni dei giovani neo-nazisti tedeschi, francesi, olandesi ed addirittura a quelli norvegesi che hanno ispirato la strade di loro coetanei riuniti su un’isola per il loro congresso di partito, quello socialdemocratico. Anche in Italia, nelle vene del proprio corpo sociale, permangono batteri dell’intolleranza, del razzismo, della rapina dei diritti come fonte della propria ricchezza. Penso a quei centri sociali giovanili che inneggiano all’ideologia fascista e organizzano squadre della violenza contro immigrati, tifoserie avversarie, campi nomadi e altro. Ecco perché non possiamo dimenticare. La memoria e l’oblio non sono termini neutrali. Rappresentano campi di contrasto in cui si decide, si configura e si legittima la propria identità e ciò vale in particolar modo per quella collettiva. Ripeto è indispensabile ricordare ciò che è avvenuto su questo calanco e che si è ripetuto in molti luoghi d’Italia.

Senza odio né rancore 

La mancanza di memoria cancella l’orizzonte, toglie il fondamento all’attualità della nostra vita. La Resistenza e la morte di questi giovani hanno messo nelle mani delle generazioni future la possibilità di costruire il proprio destino.

Vogliamo ricordare il debito di onore di sangue

di civiltà

di riconoscenza

che dobbiamo a Voi giovani di Sabbiuno e ai tanti martiri della Lotta di Liberazione:

-          per lo Stato Repubblicano che avete contribuito a fondare

-          per la società libera che avete consegnato alle nostre generazioni

-          per i principi di giustizia e di equità sociale che ci ha trasmesso

-          per l’affermazione che in politica non deve mai prevalere l’odio per l’avversario

-          per l’insegnamento che a ogni generazione spetta la sua fatica

Tocca a noi, oggi, riscattare

-          il senso alto e l’idealità della politica;

-          l’etica democratica della nostra Costituzione;

-          i valori morali a cui ci si deve ispirare nella gestione della cosa pubblica;

-          il prevalere della cultura sulla forza

-          la dignità della vita di ogni persona

Tocca a noi condannare chi mette in discussione l’eroismo di quei giovani che oggi si vogliono dileggiare con atti vandalici

NON LO VOGLIAMO DIMENTICARE

NOI NON LO DIMENTICHIAMO

 

 

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