1 Dicembre 2012
Come uscire dalla crisi
Centro Imbeni – 1 dicembre 2012
Intervento di Simonetta Saliera
Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna
Buongiorno a tutti,
vi ringrazio molto per l’invito rivolto alla Regione Emilia-Romagna a essere qui oggi a portare il suo contributo di idee e di programma per affrontare un tema così importante come quello della crisi e del suo governo.
Oggi ragioniamo su come uscire dalla crisi. Ovvero su come “governarla”. Uso il termine “governare” perché mi porta subito alla mente la grande figura dell’uomo, del politico e dell’amministratore, a cui è dedicata la giornata di studi odierna: Renzo Imbeni. Il sindaco Renzo Imbeni vinse la più difficile delle campagne elettorali bolognesi, quella del 1985, con uno slogan elettorale che dovremmo tutti riscoprire: “governare il cambiamento”. Ovvero, guidare le trasformazioni della società, saperle indirizzare nell’interesse comune e di principi che, per noi, non possono che essere quelli della libertà, della democrazia e della giustizia sociale. L’esatto opposto di quello che la cultura liberista, individualista, egotica dominante dell’ultimo trentennio ci ha insegnato. In questi decenni ci hanno spiegato che ognuno da solo era bello. Che l’individuo valeva più del collettivo, della comunità, delle Istituzioni. Il risultato in termini di degrado economico e morale è sotto gli occhi di tutti. La grave crisi che attanaglia la nostra società è figlia di una talpa che viene da lontano, che ha scavato nelle nostre fondamenta, che prima ci ha inariditi, poi impoveriti.
Stiamo soffrendo per una crisi economica di vasta dimensione dapprima non percepita, poi negata dall’ultimo Governo Berlusconi ed infine deflagrata portando con se disastri sociali, riduzione della capacità produttiva e occupazionale mai affrontata seriamente da un governo che avrebbe voluto illuderci di vivere in un continuo musical holliwoodiano, ma che nell’ironia popolare veniva tradotto in governo da tabarin per non dire di peggio. Ci avevano portato sul ciglio di un orrido mortale in fondo al quale c’erano scritte parole quasi dantesche: “Benvenuta Italia tra le pene degli Stati falliti”. Col governo di transizione voluto dalla saggezza e intelligenza costituzionale del Presidente Napolitano, ciò non è avvenuto. Il governo del presidente senatore a vita Monti, è riuscito a fermare quella corsa che sembrava inarrestabile, a ridare dignità al nostro Paese e a farlo ritornare tra quelli in Europa che possono esprimere linee politiche economiche facendosi ascoltare con attenzione e senza sghignazzi. Sul piano interno, però, si vive una situazione sempre più drammatica. Aumenta la disoccupazione, aumenta la povertà, e non si riscontra nessun accenno di politica economica per il rilancio dello sviluppo. Non c’è una politica industriale, non si vedono nuove politiche sociali, né si comprende più il ruolo, le funzioni e le risorse delle Istituzioni pubbliche. Si vede immiserire il Paese fra radicali divisioni della sua composizione sociale, in un momento in cui se ne dovrebbe cercare il massimo dell’unità. Proprio per questo diventano inacettabili tagli così pesanti che si sommano alle ultime dissennate finanziarie di Tremonti.
Va bene la revisione della spesa, la nostra Regione ne è sostenitrice e attuatrice ante litteram, ma con questi tagli neppure il Servizio sanitario pubblico sarà in grado di reggere ancora. E lo dico non solo per le Regioni dissestate come il Lazio, ma anche per le Regioni dove quel servizio rimane efficientee di alta qualità. Con i conti in ordine. Non tutti siamo uguali e non si può essere trattati tutti allo stesso modo: chi ha ben operato deve essere premiato con comparazioni oggettive sia di qualità, di quantità, di efficienza.