1 Maggio 2012
La dignità del lavoro
La dignità del lavoro
Bologna – Primo Maggio 2012
Intervento di Simonetta Saliera
Vicepresidente della Regione Emilia-Romagna
Lavoratrici e lavoratori,
sono molto grata ai segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil, a cui rinnovo il ringraziamento, per l’invito rivolto alla Regione Emilia-Romagna ad essere qui con voi a festeggiare insieme il Primo Maggio.
In un momento dove tutto è in crisi, dove le illusioni hanno la parvenza della realtà, rivedere il mondo sindacale unito, pur nelle complesse diversità, apre il cuore alla speranza. L’invito, poi, alle istituzioni locali e all’Università dà la più chiara delle dimostrazioni di essere aperti al dialogo, alla riflessione, al confronto, all’assunzione di responsabilità. Dice a tutti quanti, inoltre, di sentirsi legittimi rappresentanti di quella Repubblica democratica che noi tutti qui rispettiamo. Ricordo che la nostra Costituzione riconosce che la dignità della persona è fondata non su ciò che ha (cioè il censo, i beni, la proprietà), ma su ciò che fa (cioè il lavoro). L’affermazione del lavoro quale fondamentale valore del nostro Stato democratico gli assegna la funzione di supremo criterio valutativo della posizione da attribuire ai cittadini nello Stato. Questa semplice ed esaustiva affermazione è stata ritenuta la più idonea ed efficace per esprimere il pregio delle persone dai padri costituenti. Il lavoro non come puro strumento per procurarsi i mezzi di sussistenza, ma un tramite necessario per l’affermazione della propria personalità. Per noi il lavoro è sempre stato accompagnato dalle parole emancipazione, dignità, libertà. L’Unità sindacale per me è un valore ed una meta da perseguire con certosina pazienza. Sempre!
È importante che tutte le Organizzazioni sindacali confederali oggi, nella giornata della Festa del Lavoro, siano in questa piazza, perché è motivo di forza per i lavoratori, è un motivo di speranza per il futuro in grado di aprire una luce nel nostro Paese colpito da una crisi mai sopportata dal Dopoguerra. Tanto è vero che questi principi sono stati fortemente messi in discussione al punto che una corrente imprenditoriale ha usato la sua lacerante profondità ed indiscutibilità per cercare di riportare il lavoro a puro concetto di merce. Da soggetto produttivo a mero fattore di produzione. E qui vorrei ricordare non solo i morti sul lavoro, nei cantieri e per il lavoro in condizioni prive dei necessari mezzi di sicurezza, come ad esempio alle Officine Grandi Riparazioni dello Stato per quanto riguarda l’amianto, ma anche le nuove vittime del nostro tempo e cioè i troppi lavoratori che hanno perso il lavoro, gli artigiani e i piccoli imprenditori strozzati dal blocco del credito che si sono tolti la vita per disperazione, perché violentati nella loro dignità perché impossibilitati a proseguire una vita di lavoro. Si sono sentiti soli, senza aiuto e senza un domani possibile. Penso a ciò che è successo all'Omsa, penso a ciò che è avvenuto alla Magneti Marelli. Proprio come negli anni’50-’60 si è dovuti ricorrere alla Giustizia per non escludere dalla fabbrica i rappresentanti del sindacato più numeroso e per consentire di affiggere nelle bacheche sindacali un quotidiano. Per capire ancora le analogie di quel periodo con l’oggi è sufficiente leggere “La Costituzione negata nelle fabricche” dello storico Luigi Arbizzani che racconta della durezza, delle discriminazioni, delle violenze, dei medici di azienda, dei reparti confino, dei licenziamenti immotivati cui gli operai erano sottoposti.
Storie di ieri ma che sembrano scritte oggi.
Una democrazia che si basa sulla legalità, sul rispetto delle regole, dileggi come lo “Statuto dei lavoratori”, importante conquista che nel 1970 fu approvata dal Parlamento. Lo “Statuto dei lavoratori” è un bene prezioso che non va dissipato. In esso è custodita la differenza tra i diritti e i doveri dei lavoratori, dagli abusi e dallo sfruttamento.
Tra barbarie e civiltà, tra lo sviluppo ed il declino.
È proprio in questa prospettiva che l’offensiva di una parte della Confindustria contro le convergenze raggiunte tra le parti sociali e il Governo, mi sembra un atto di grave irresponsabilità verso il Paese. Sono molti, però, gli imprenditori italiani ed anche emiliano-romagnoli, che lo considerano la base per un buon accordo e che sono stanchi di dare la caccia ad un risibile scalpo fingendo così di aiutare l’uscita dalla crisi e la nuova occupazione. Ben altri sono i problemi che si pongono all’attenzione del Governo per riportare l’Italia competitiva nell’agone internazionale. Come ad esempio il problema del blocco del credito ed impegni per la crescita. Noi sappiamo bene che la rapida globalizzazione è sempre più extraterritoriale e produce differenze di ricchezze e di reddito sempre maggiori tra gli strati più ricchi e quelli più poveri, sia della popolazione mondiale, sia all’interno di ogni singola nazione. Tutto questo è provocato dall’economia politica dell’incertezza che è l’insieme delle regole fatte per porre fine a tutte le regole ed imposte alle autorità politiche nazionali dai poteri finanziari capitalistici e commerciali sovrannazionali. I suoi principi hanno trovato piena espressione con il famigerato accordo “multilaterale sull’investimento” con i vincoli che esso poneva alla possibilità dei Governi di limitare la libertà di movimento dei capitali nel mondo. I veri poteri forti di oggi sono essenzialmente senza frontiere, mentre i luoghi dell’azione politica rimangono locali e di conseguenza la loro azione non è in grado di raggiungere i quartieri in cui vengono definiti i presupposti delle iniziative finanziarie ed il movimento di capitali. Il grande problema del nostro tempo è che la politica deve raggiungere e limitare un potere che è libero di vagare nello spazio, politicamente incontrollato e a tal fine deve sviluppare strumenti che le consentano di raggiungere e limitare i luoghi nei quali quei poteri fluiscono. A me pare che questo sarebbe uno dei problemi più grandi che l’Europa dovrebbe affrontare unitariamente. Ogni singolo Stato europeo, teutonica corrazzata compresa, non sarà in grado di difendersi, se abbandonato a se stesso, contro gli attacchi della speculazione finanziaria o delle conquiste di capitali. Un’Europa federale, solidale e con una forte direzione politica, economica, sociale e fiscale sarebbe in grado di garantire una graduale uscita dalla crisi e creare i presupposti per un solido sviluppo sostenibile. L’Europa che vede solo il pareggio di bilancio ed il rientro del debito pubblico nazionale a carico delle politiche di ogni singolo Paese sta dimostrando tutta la sua negatività creando recessione, aumento dell’inflazione, disoccupazione, decrementi salariali e, per assurdo, nessuna diminuzione dei debiti pubblici. Questo dimostra quanto sia importante reintrodurre sul mercato dei capitali regole che impediscano vendite allo scoperto, speculazioni a termine e tassazione immediata del capital-gain. Per venire a noi, negli anni in cui in Italia ci raccontavano che stavamo economicamente crescendo anziché declinando, che eravamo un Paese in via di modernizzazione mentre invece stavamo su un piano inclinato verso la fragilità e l’arretratezza, la Regione Emilia-Romagna investiva 295 milioni di euro per sostenere le imprese nei progetti di ricerca, per lo sviluppo della rete, per i distretti produttivi, per le nuove imprese ed alta tecnologie e ancora incrementava con 50 milioni di euro la liquidità ai Consorzi Fidi regionali per il sostegno al reddito delle imprese, per cercare di far rallentare la morsa della crisi locale e far capire la tragedia verso la quale ci stavamo avventurando.
Alla faccia dell'allora Governo che sosteneva che la crisi non c’era, la Regione ha dovuto contribuire al sostegno della Cassa integrazione con 64 milioni di proprie risorse straordinarie. Più recentemente, nel 2011, è stato sottoscritto il “Patto regionale per la crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva” con tutte le parti sociali. Al centro dell’intesa si collocano: lavoro, imprese, credito, relazioni industriali, legalità e soprattutto occupazione a favore delle nuove generazioni e delle donne. Per l’industria, le costruzioni, il terziario e il lavoro, la Regione ha messo in campo una serie di importanti provvedimenti e stanziato 40 milioni di euro per il passaggio dai distretti industriali ai distretti tecnologici, le reti di impresa, l’internazionalizzazione delle Pmi, la qualificazione delle imprese del turismo e del commercio, la nascita di nuove imprese, anche cooperative e ulteriori 13 milioni per il Consorzio Fidi. Inoltre, per il 2012, la Regione ha previsto 20 milioni di euro al fine di incentivare la stabilizzazione dei lavoratori precari e sostenere l’occupazione dei giovani e delle donne. Ulteriori 20 milioni di euro per l'apprendistato dai 18 ai 30 anni, un fondo di 3 milioni di euro per percorsi formativi per chi ha superato i 30 anni, un fondo di altri 3 milioni di euro per avviare nuova impresa. Tutte forme di incentivo che terranno conto della differenza di genere per sostenere anche l’occupazione femminile. La politica per l’occupazione giovanile integrerà le azioni di formazione (qualificazione, innalzamento o integrazione delle competenze e riconversione professionale) ed aiuterà l'inserimento nel mondo del lavoro incentivando i contratti a tempo indeterminato. Questo piano giovani è uno degli strumenti per l’attuazione del Patto per la crescita e rappresenta la parte dell’intero progetto dell'Emilia-Romagna avviato per gli interventi su scuola, formazione e università per 102 milioni di euro. Un po’ d’acqua su un terreno arido, ma comunque un po’ d’acqua che può irrobustire le capacità e le competenze per uscire dalla crisi. Sempre nell’ottica di immettere liquidità nel nostro tessuto produttivo, la Regione Emilia-Romagna ha sbloccato, nel 2011, grazie alla propria legge regionale sul patto di stabilità, una potenzialità di spesa pari a 105 milioni di euro che ha permesso a 6 Province e 160 Comuni di usare risorse che avevano in cassa e che in assenza della nostra legge non avrebbero potuto liquidare i fornitori dando così ossigeno all’economia. Nel “Patto per la crescita intelligente, sostenibile e inclusiva” firmato con le parti sociali e gli enti locali abbiamo posto come fattore della competitività la legalità, la tutela e la sicurezza del lavoro che ci vede attori di questa sfida per rilanciare lo sviluppo e la coesione del nostro territorio. In Emilia-Romagna, all’inizio di questa legislatura, abbiamo approvato due leggi. Una per la prevenzione del crimine organizzato e mafioso e la promozione della cultura della legalità e della cittadinanza responsabile, l'altra per la promozione della legalità e della semplificazione nel settore edile e delle costruzioni a committenza pubblica e privata.
Con il Ministero dell’Interno e le Prefetture, il Presidente Errani ha firmato un protocollo che estende per la prima volta in Italia le verifiche antimafia all’edilizia privata. Ci sono diversi elementi che oggi richiedono la nostra attenzione in edilizia: il problema dei subappalti, la sicurezza nei cantieri, il fenomeno dei tanti lavoratori che, lasciati a casa dalle imprese in cui lavorano, creano una loro piccola e spesso piccolissima impresa autonoma, spesso in modo un po’ improvvisato. C’è un campanello di allarme che non sottovalutiamo. Di fronte a una crisi economica di questa portata, il pericolo è quello che prevalga un modello di sviluppo che sacrifica la sicurezza, la formazione, la qualità del lavoro. Per noi è inaccettabile: non si risparmia sul casco, non si risparmia sull’imbragatura dei lavoratori. È il momento, invece, di rilanciare sul versante della sicurezza, premiando le tante imprese virtuose. Puntiamo a semplificare le procedure, riducendo le pratiche cartacee e l’uso indiscriminato del massimo ribasso d’asta negli appalti, ad aumentare i controlli nei cantieri per segnalare in quali possono annidarsi fenomeni di infiltrazione mafiosa, lavoro irregolare e usura. Nel 2010 in Emilia-Romagna sono state controllate 22.506 aziende, pari al 9,6% delle aziende regionali. Il livello di copertura dei controlli assicurato ogni anno in questa regione è decisamente superiore a quello previsto a livello nazionale pari al 5%. Con la legge per la promozione della cultura della legalità contro l’infiltrazione mafiosa e per il sostegno alla cittadinanza responsabile abbiamo finanziato, in meno di un anno, per oltre un milione di euro 40 progetti presentati da enti locali, scuole, università, associazioni di volontariato, forze pubbliche. Si tratta di iniziative di formazione che stanno coinvolgendo 20.000 ragazzi, 200 enti locali e 500 ragazzi nei campi di lavoro sulle terre confiscate alle mafia. Da questa piazza, in questo Primo Maggio mi pare che escano chiari e forti segnali per il Governo e per le forze politiche italiane:
- l'unità sostanziale delle Confederazioni sindacali;
- la necessità di urgenti provvedimenti per la crescita e lo sviluppo;
- l'indispensabilità di creare nuovo lavoro stabile;
- equità nei provvedimenti governativi;
- un'Europa che sappia fare passi avanti verso l'Unità e la Solidarietà;
ed infine un popolo capace di un soprassalto di dignità umana e di etica democratica.
UNITI SAPREMO RISCATTARE IL SENSO ALTO DELLA POLITICA, OGGI STREMATA DA UNA GRAVE MALATTIA AUTOIMMUNE DI SVILIMENTO.
PERCORSO INDISPENSABILE PER USCIRE DALLA BARBARIE E RIENTRARE NELLA CIVILTA'.
GRAZIE, W IL PRIMO MAGGIO